Piccoli: «Con l’entrata in Borsa altre chiusure»
BELLUNO. «Non possiamo permetterci di abbassare la guardia: con l’entrata in Borsa delle Poste, si parla di chiudere altri 500-600 uffici in tutta Italia. Per questo è necessario sedersi ad un tavolo, e pensare a qualcosa di alternativo al semplice “non si chiude”».
Il senatore Giovanni Piccoli si dice molto preoccupato per il futuro degli sportelli postali in provincia di Belluno e lancia un appello che ha il tono di un grido disperato di allarme a tutta la provincia montana. «L’operazione di quotazione in Borsa potrebbe trasformarsi in una vera e propria valanga per il nostro territorio per cui dobbiamo combattere non lasciandoci trovare impreparati: servono proposte alternative da presentare ai vertici della società. Per cui mi rivolgo ai sindaci invitandoli a muoversi come hanno fatto già a Cuneo, e a stare attenti perché si rischia grosso».
Ma c’è anche un’altra situazione che intende evidenziare Piccoli: «Nell’eterna lotta tra Davide contro Golia, una sentenza del Tar dà finalmente ragione a un piccolo comune che lamentava la dismissione degli sportelli postali da parte di Poste Italiane. È uno spunto per i comuni bellunesi alle prese con scellerati piani di razionalizzazione ma anche per la società stessa e il Ministero dello Sviluppo Economico che adesso rischiano una reazione a catena». Il senatore bellunese si riferisce alla sentenza n° 332 del 15 luglio dove il Tar del Friuli ha accolto il ricorso proposto dal comune di Buja (Ud), annullando i provvedimenti con i quali Poste Italiane, in applicazione del piano di riorganizzazione degli uffici postali, aveva chiuso due uffici postali in due frazioni del Comune. «La sentenza ha affermato che l'esigenza di risparmiare può essere sì un fattore di valutazione da parte di Poste Italiane ma che non può prevalere sull'interesse pubblico allo svolgimento del servizio universale», illustra Piccoli. «Eventuali razionalizzazioni, quindi, devono tenere in considerazione le condizioni geografica e orografica dei singoli territori interessati. Finalmente si dice che il servizio postale è un servizio di interesse pubblico, ancorché gestito da soggetto privato, in quanto oggetto di concessione di pubblico servizio alla quale, aggiungo, è legato anche un contributo specifico della legge di stabilità. Insomma, Poste Italiane non può fare di testa sua».
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