Pier Giorgio Da Rold va in pensione e parte subito in missione per l’Uganda

Il fondatore ed ormai ex direttore di Insieme Si Può ha lasciato l’incarico ma non la voglia di mettersi al servizio degli altri



Era il 1983 quando a Pier Giorgio Da Rold, all’epoca trentenne, venne l’idea di fondare l’associazione Insieme Si Può per aiutare i popoli dell’Africa, e non solo. Insieme con sette persone l’associazione è partita interessando tutto il territorio bellunese per poi uscire dai confini provinciali.

Dal primo aprile di quest’anno, Da Rold, 66enne, è andato in pensione. O meglio sulla carta è in pensione, in realtà è già partito per l’Uganda dove rimarrà tre mesi per poi volare in Madagascar per l’inaugurazione di un carcere. Insomma una vita spesa per gli altri, per portare condizioni di vita migliori in luoghi difficili.

Signor Da Rold, come è nata l’idea di Insieme Si può?

«Il mio primo viaggio come volontario l’ho fatto in Uganda nel 1982. A quell’epoca aderivo ad una associazione di Piacenza. Quando sono arrivato in quel Paese, sono rimasto colpito dalla sua estrema povertà. E così ho deciso di impegnarmi in prima persona. Sono ingegnere elettronico e all’inizio volevo insegnare. Poi quando mi hanno assunto, mi sono licenziato. Nel 1983 ho fondato Insieme Si Può che all’inizio si appoggiava ad altre realtà. Infatti, con l’associazione di Piacenza fino al 1990 sono stato in Uganda. Lì abbiamo curato alcuni progetti. Poi nel 2003 abbiamo sentito l’esigenza di gestire in proprio i nostri progetti e siamo diventati Ong, aprendo così due sedi in Uganda e una in Madagascar. Inoltre, abbiamo aperto una sede fissa a Belluno: prima in via Garibaldi, ora in via Vittorio Veneto».

Quanti sono i gruppi dell’associazione?

«Sono 60 di cui 45 nel Bellunese e gli altri tra Piemonte, Lombardia, Emilia-romagna, Alto Adige e Friuli Venezia Giulia».

Quanti sono i progetti curati in 36 anni di attività?

«Tantissimi. In Uganda abbiamo realizzato diversi pozzi d’acqua e abbiamo avviato il progetto “agroforesty” per insegnare un mestiere ai ragazzi. Inoltre, stiamo dando un aiuto nei campi profughi. In Uganda, infatti, si conta un milione di profughi dal Sud Sudan e altrettanti dal Congo ed Etiopia. Inoltre in Madagascar, il 22 giugno inaugureremo un nuovo carcere costato 40 mila euro. È una struttura realizzata con l’aiuto dei detenuti che può ospitare 40 persone. Abbiamo anche sistemato gli argini delle risaie».

Progetti futuri?

«Con Carla Dazzi abbiamo aperto un progetto per le donne in Afghanistan: abbiamo avviato l’attività di coltura dello zafferano i cui frutti si stanno già vedendo; è partito un piano per gli orfani e per incentivare la scolarizzazione delle bambine. Abbiamo posato la prima pietra di una clinica medica. In collaborazione con il Coro Arcobaleno di Limana e l’Antoniano di Bologna vogliamo sostenere i profughi siriani. Infine, stiamo per avviare un progetto in Uganda per la raccolta differenziata dei rifiuti. Ma operiamo in quattro continenti».

Quali sono i problemi dell’associazione?

«Il problema maggiore riguarda il turn over. I nostri gruppi sono perlopiù composti da persone di una certa età e trovare qualche giovane che voglia impegnarsi e gestire il gruppo non è facile. Qualcuno lo ha fatto: è il caso di Cusighe dove è nato un gruppo ex novo che abbiamo chiamato 2.0».

Come si fa a reclutare giovani?

«Noi lavoriamo con le scuole per cercare di sensibilizzare i ragazzi e molti rispondono favorevolmente. Chi ha donato i soldi per realizzare dei pozzi d’acqua in Africa, chi invece vuole mettere a disposizione le proprie abilità. Con me in Uganda partirà infatti una fisioterapista di Cusighe che andrà a lavorare per un mese in un orfanotrofio e con i disabili. Qualche tempo fa un falegname è stato in Africa per insegnare ai docenti di una scuola professionale le tecniche di lavoro del legno».

Ci sono anche delle soddisfazioni…

«Il primo bambino che la nostra associazione ha adottato a distanza nel 1983, George, ora è diventato un insegnante. Mia figlia a distanza Anna è diventata un avvocato che fa parte dell’associazione che garantisce i patrocini alle donne maltrattate».

Come finanziate le attività?

«Con l’autotassazione, i mercatini, le donazioni dei cittadini e il 5 per mille. Siamo la prima associazione in provincia per importo ottenuto dal 5 per mille. E di questo ringrazio i bellunesi».

Mi pare che la sua pensione sia solo sulla carta…

«Resterò per dare una mano e seguire da vicino alcuni progetti in Uganda. Sono partito dall’Uganda e ora ritorno là da dove tutto è iniziato». —



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