Pieve: ospedale, allarme dell'arcidiacono

In una nota l'appello alla politica perchè tuteli chi vive in montagna
L’arcidiacono del Cadore monsignor Renzo Marinello
L’arcidiacono del Cadore monsignor Renzo Marinello
PIEVE DI CADORE. L'arcidiacono del Cadore, monsignor Renzo Marinello, ha diffuso una lettera aperta sui problemi della sanità in Cadore, frutto di una preoccupata analisi soprattutto per quanto concerne il futuro dell'ospedale di Pieve visto alla luce del piano socio-sanitario regionale 2011/2013, le linee del quale sono già state approvate dalla giunta regionale. La posizione dell'arcidiacono è il frutto di un'attenta valutazione fatta insieme ai sacerdoti del Cadore. La lettera, che è allo stesso tempo un grido d'allarme e un appello alla politica ed agli amministratori, è stata letta durante la conferenza dei sindaci (tenutasi a Belluno martedì) da primo cittadino di Pieve, Maria Antonia Ciotti; successivamente è stata sottoscritta dai 37 sindaci o delegati presenti all'incontro. «Nel piano approvato dalla giunta», si legge nella lettera, «l'ospedale in rete, come è identificato anche il nosocomio cadorino, dovrà avere un bacino di circa 200.000 abitanti e lo si prevede dotato di sede di pronto soccorso e specialità di base, servizi di diagnosi e cura assicurati in rete con quelli provinciali. Se questo piano dovesse trovare approvazione definitiva, si prevedono ripercussioni negative sulla vita delle nostre popolazioni. La logica ad esso soggiacente sembra infatti voler commisurare i bisogni ai servizi, anziché il contrario, partendo da criteri solo economici. Riteniamo», prosegue la lettera, «che la politica debba tenere conto della dimensione del territorio montano, ben 1500 chilometri quadrati, della distribuzione della popolazione, delle distanze da Belluno e della viabilità disagevole sia nei lunghi mesi invernali e sia a causa degli ingorghi delle stagioni turistiche. Per questi motivi, già più che sufficenti, è necessario un ospedale "intermedio" a Pieve di Cadore. Ma, se a tutto questo si aggiunge che nei fine settimana e nei periodi turistici il nostro territorio ospita un considerevole numero di persone alle quali deve essere garantito un servizio sanitario adeguato, la necessità di un ospedale "intermedio" è ulteriormente confermata e anche accresciuta. Invece», prosegue ancora la lettera, «paventiamo tutti che l'ospedale del Cadore venga ridotto a servizio di pronto soccorso; o, al più, a poliambulatorio operante nei giorni feriali. Al contrario, ritengo che in esso debbano essere mantenuti in attività, 24 ore su 24, i fondamentali reparti di medicina, chirurgia, anestesia con terapia intensiva, pronto soccorso e radiologia, la centrale operativa 118 ed elisoccorso, nonché tutte le altre attività di supporto: reparto materno infantile, cardiologia, laboratorio di analisi, dialisi, semiassistita. Diversamente penso che saranno penalizzate tutte le persone bisognose di cure: non solo quelle con patologie acute, ma anche quelle con bisogni non gravi, che dovranno affrontare maggiori disagi per le distanze e conseguenti maggiori oneri economici per le famiglie e l'assistenza. Consapevole della complessità dei problemi», conclude l'arcidiacono, «invito la popolazione, amministratori locali in testa, a prendere a cuore la questione, anche superando eventuali divergenze di schieramento, affinché ai problemi sia data una soluzione attenta alla dignità e alla sicurezza delle persone che vivono in montagna. La sanità è l'ultimo dei settori che può subire dei tagli». La lettera di monsignor Marinello sarà ora inviata al governatore del Veneto, Luca Zaia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi