Piste di sci e valanghe, nuove responsabilità per i sindaci
BELLUNO
Un’altra tegola sta per abbattersi sui sindaci bellunesi che sono sconcertati e minacciano di lasciare gli incarichi se la novità diventerà realtà. Il problema nasce dalla direttiva del presidente del Consiglio dei ministri pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 231 il 2 ottobre, meglio conosciuta come “direttiva valanghe”.
Il documento vuole fornire gli indirizzi operativi non solo per l’organizzazione del sistema di allerta regionale ma anche per la pianificazione delle azioni di protezione civile territoriale nell’ambito del rischio valanghe. Vuole cioè indicare chi deve agire e come, in caso di un rischio grave di valanga. Il testo si compone di due allegati: uno relativo alle procedure in capo a Stato e Regioni, e l’altro relativo ai Comuni e alle Province.
Le valanghe
Fin qui tutto bene, se non fosse che per la prima volta questa direttiva introduce due elementi nuovi che sono destinati a cambiare la vita dei primi cittadini. Da un lato, infatti, nell’elenco delle aree antropizzate, quelle cioè dove c’è la presenza dell’uomo, introduce anche le piste da sci. Dall’altro incarica i sindaci di gestire le emergenze in queste aree. Insomma, con la direttiva 231 i primi cittadini dovranno decidere la chiusura delle piste da sci se c’è un pericolo imminente di slavina.
Il documento emesso dal presidente del Consiglio è molto chiaro: mentre per l’attività normale anti valanghe ci penseranno le società che gestiscono le are sciistiche, in caso di pericolo grave dovrà intervenire il sindaco.
I compiti dei comuni
«La direttiva sul rischio valanghivo», precisa il dirigente della protezione civile regionale Soppelsa, «prevede che i comuni si dotino di un piano di protezione civile che agisca all’interno delle aree antropizzate, quali le strade, i trasporti pubblici, le aree urbanizzate (aree industriali, commerciali, residenziali) tra cui rientrano per la prima volta anche le aree sciistiche. I sindaci, nel caso ci siano reali rischi di caduta valanga, devono predisporre degli specifici piani per la chiusura anche delle piste. Il primo cittadino è l’autorità principale di protezione civile con competenza nella valutazione e gestione del rischio valanghivo», ricorda Soppelsa.
Così, mentre la normale vigilanza e la prevenzione da danni da valanga spettano ai gestori degli impianti, toccherà invece ai Comuni, coadiuvati dalla commissione locale valanghe, interventi urgenti per pericolo immediato per incolumità pubblica.
Praticamente i comuni, tramite i loro tecnici (quali non si sa) dovranno valutare le singole aree sciistiche qualora i bollettini della neve siano particolarmente critici, decidere se vi sia il rischio di caduta di una massa nevosa e quindi stabilire la chiusura della pista. Qualora i comuni non avessero al loro interno dei tecnici adeguatamente formati per comprendere il rischio valanghe, potranno chiedere l’aiuto di Provincia o Regione. «Tutto questo dovrà avvenire entro quattro anni. Infatti», conclude Soppelsa, «mentre la Regione tramite la collaborazione con Arpav dovrà redigere e delimitare i siti valanghivi presenti in ogni territorio, entro due anni dall’entrata in vigore della direttiva, i sindaci avranno altri due anni per predisporre il loro piano di protezione civile che contempli le azioni da mettere in atto anche sulle aree sciistiche». —
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