Più malori sulle Dolomiti, cala il numero di incidenti
Suem-118 e Cnsas fotografano lo stato dei soccorsi durante i tre mesi estivi. Caldo e fatica le cause di molti decessi, 16.251 chiamate alla centrale di Pieve
BELLUNO. Stroncati da un arresto cardiaco per il troppo caldo di quest’estate anomala o perchè troppo affaticati. Si muore sempre più di malore in montagna: è questo l’inquietante leit motiv dell’estate 2017. L’ultimo, ieri, un trevigiano di 70 anni al quale si è fermato il cuore lungo un sentiero.
Almeno una trentina gli interventi del soccorso alpino per malore, in tre mesi estivi, quasi 40 quelli per incapacità, oltre 50 i soccorsi per perdita di orientamento, una ventina per sfinimento, altrettanti per ritardo. Si aggiungono i dati del Suem-118 (soccorsi anche sanitari): almeno il 40% delle chiamate al 118 si traducono in effettivi soccorsi. Alla centrale di Pieve sono state 16.251 le chiamate da giugno ad agosto: meno della metà (7.022) per interventi di soccorso, dei quali 2.825 in codice bianco e 1.730 in codice verde, cioè situazioni tranquille. In aumento del 30%, invece, rispetto al 2016, i deceduti: per traumi o malori.
Un’“estate calda” per Suem e Cnsas, che dalla sua ha adempiuto a 303 soccorsi per 667 interventi di stazione. In montagna «la gente ha iniziato a programmare le gite in maniera diversa» spiega il primario Giovanni Cipolotti, ma c’è ancora chi parte con poca coscienza e con troppi acciacchi. Oltre 70 i soccorsi di gente fra i 50 e i 60 anni di età, quasi 60 quelli fra i 60 e i 70 anni, in aumento quelli tra i 70 e gli 80 anni. Il numero di incidenti non mortali rispetto al 2016 è comunque diminuito, a fronte di una presenza turistica in aumento: calano i casi di cadute, scivolate, di chi precipita o si prende i sassi in testa. «In leggero aumento gli incidenti sulle ferrate» spiega il capo del Cnsas bellunese Alessandro Barattin. «Il trend è in ripresa, questa estate erano molto frequentate». In calo drastico quelli di alpinismo, qualcuno in parapendio (di più da aprile a giugno, per le prove dei Mondiali sull’Avena). «Ho soccorso un francese con lo zaino più pesante di lui, non riusciva ad andare avanti; poi due ragazzi sulla Schiara che, nonostante le mappe esistano, sono stati fermati dal ghiaccio. Un altro in ferrata aveva le suole lisce. Ma anche escursionisti con patologie cardiache colti da malore» continua Cipolotti: «Andare in montagna con patologie cardiache, senza dissetarsi o preparazione, è come andare in ferrata in scarpe da ginnastica: non uccidono i monti, uccidono le persone che non li affrontano col cervello acceso».
Il Suem in tre mesi ha trattato 603 soccorsi in cui una vita era in pericolo (108 in elicottero), 1.864 di media gravità (70 con l’elicottero) oltre ai bianchi e verdi, 50 e 31. Falco è volato in 31 casi per persone illese, 20 per decessi. Un Suem più “autonomo”: inferiore il ricorso agli aiuti “esterni” come l’Aiut Alpin: «L’elicottero che abbiamo puo fare anche tre missioni di seguito».
«Un calo significativo è quello degli interventi in elicottero per il recupero di illesi, oltre che dei feriti: un punto importante per il migliore uso del mezzo», ha concluso il direttore Usl Rasi Caldogno: «Ci auguriamo che l’attività di sensibilizzazione continui il suo impatto positivo, ma invitiamo le persone alla responsabilità delle chiamate: è un problema culturale e di interpretazione della montagna, luogo in cui si va con cautela e preparati».
Cristina Contento
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