Pizzeria esplosa a Pieve di Cadore: nessuno patteggia
I tempi si allungano per i cinque indagati sui fatti del 2017. Clamorosa rinuncia al mandato degli avvocati di Laritonda. Prossima udienza a marzo

PIEVE DI CADORE. Pizzeria bruciata ed esplosa: i tempi si allungano ancora. E non ci saranno riti abbreviati o patteggiamenti. Ieri mattina il pubblico ministero Tollardo avrebbe dovuto chiedere il rinvio a giudizio dei cinque indagati per il rogo con scoppio della Mordi e fuggi di Pieve di Cadore: Fabio Laritonda, Pasquale Ferraro, Alessandro Piccin, Giuseppe Lauro e Luigi Zanettin. Ma il giudice per le udienze preliminari Scolozzi ha potuto solo disporre un rinvio al 10 marzo per tutta una serie di motivi.
I colpi di scena non sono mancati, a cominciare dalla clamorosa rinuncia al mandato di Mauro Gasperin e Monica Barzon, i due difensori di Laritonda fin dalle prime ore. Poi non è più Margherita De Castello l’avvocato di Ferraro, che ultimamente ha scelto il brindisino Angelo Monopoli, ieri sostituito dalla trevigiana Elisa Davanzo.
«Divergenze nella linea difensiva», si dice in questi casi. Ora Laritonda ha il bellunese Francesco Fontana d’ufficio, che non c’era. Non bastasse, ci sono stati dei problemi di notifica ad alcune parti offese. I fatti sono della notte del 24 aprile 2017 e il giorno della prossima udienza saranno già passati quasi tre anni. Senza contare che ci potrebbero essere ulteriori rinvii. Gli altri difensori sono Massimo Montino, Jenny Fioraso e Giulia Munerin.
Le ipotesi di reato contestate sono incendio aggravato, danneggiamento fraudolento di beni assicurati e danneggiamento in concorso per tutti. Il gestore del locale Piccin deve rispondere anche di calunnia aggravata al suo predecessore. L’unico ad aver confessato è Laritonda, che dopo un periodo nel carcere di Baldenich, è evaso due volte dai domiciliari: una a Domegge e l’altra a Brindisi.
Gli altri si sono sempre proclamati innocenti: anche Ferraro, che è stato sbalzato in via XX Settembre dalla violenza dell’esplosione. Ustionato e fratturato.
Secondo la tesi dell’accusa, è stato Piccin a progettare l’incendio per il risarcimento dell’assicurazione. L’incarico a Laritonda è arrivato tramite Zanettin e quest’ultimo ha anche sistemato due taniche di benzina nel locale. Lo stesso Laritonda e Ferraro sono arrivati a Pieve da Domegge a bordo del taxi di Lauro.
Sono entrati nella pizzeria con la chiave, hanno svuotato i contenitori e incendiato il combustibile. L’esplosione è avvenuta per la presenza di bombole di gas. Il fuoco è arrivato fino alle finestre del dentista di sopra e al soffitto del sottopasso di vicolo dei Galli. Piccin era andato due volte dall’assicuratore: per includere nella polizza gli atti vandalici e per alzare il massimale ricorso terzi da 500 mila a un milione di euro e quello incendio contenuto da 80 a 90 mila. I danni sono stati stimati sul milione di euro e le parti civili sono 20 con l’avvocato Dalle Mule. —
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