Pochi medici: «La colpa è della Regione»
BELLUNO. «Non è vero che mancano i medici, a latitare è la volontà politica per incentivare la loro venuta in montagna». Parole del sindaco di Belluno, Jacopo Massaro, ma anche degli ex consiglieri regionali Dario Bond e Guido Trento, che tante battaglie, assieme al collega Sergio Reolon, hanno portato avanti nella stanze di palazzo Ferro Fini per la salvaguardia della sanità bellunese.
La chiusura notturna del servizio di Ostetricia a Pieve di Cadore per mancanza di personale medico ha scatenato le reazioni degli amministratori (ex e attuali) bellunesi. Loro tra le righe leggono la volontà da parte della Regione di «depotenziare le strutture ospedaliere bellunesi, così da renderle satelliti di Treviso». E non mancano neppure le reazioni al voto contrario all’emendamento “salva Feltre”.
Servono incentivi. «È vero», prosegue Bond, «che la carenza di medici dipende anche dal numero chiuso imposto dal Miur alle università - e su questo si dovrà ragionare - ma alla base di questa emergenza c’è la scarsa attenzione della politica regionale nei nostri confronti. Se si apre un bando per un medico, bisogna anche creare le condizioni per assicurare il buon esito dello stesso. A livello veneto», ricorda Bond, «esiste la possibilità di stipulare delle convenzioni tra enti locali, università e Usl per far arrivare degli specializzandi quassù, ma nessuno si è mai mosso per questo. E poi, se non si prevedono incentivi, in montagna non verrà più nessuno e allora nasceranno tante reperibilità notturne provinciali, dalla Radiologia all’Ostetricia, con tutto ciò che ne consegue a livello di sicurezza».
«Perché non vengono i medici?», si interroga Trento. «Un medico non va in un ospedale che rischia di chiudere o in una struttura che non è neanche hub, come nel caso di Belluno. Ecco perché preferiscono andarsene a Padova o a Treviso. È come il cane che si mangia la coda».
L’ex consigliere punta il dito anche contro gli amministratori del capoluogo montano. «Anche loro sono arrivati al capolinea. Per questo auspico che l’intera comunità bellunese abbia uno scatto di orgoglio e di coraggio e inizi a puntare i piedi seriamente. Tutti insieme dobbiamo difendere la nostra sanità: dobbiamo avere la garanzia che in montagna i servizi abbiano la stessa qualità della pianura. Da Venezia vogliono farci lasciare i nostri paesi, ma noi non glielo permetteremo».
Il sindaco Massaro rincara la dose contro la Regione: «Se è vero che ad alcuni bandi non si è presentato alcun candidato, è anche vero che per altri posti non si è neanche fatta una gara. Mi riferisco alle assistenti sociali della Psichiatria di Belluno e al nuovo gastroenterologo. Manca poi da anni la medicalizzazione notturna delle ambulanze del Pronto soccorso di Belluno: tutto ciò è frutto dello scarso interesse della Regione verso la montagna. Anche sui medici, quindi, è chiara la mancanza di volontà di reperirne di nuovi: la Regione non ha creato le condizioni per incentivare la venuta dei camici bianchi in provincia. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti».
Il siluramento dell’Usl 2. Se Massaro vuole organizzare un incontro tra l’esecutivo della Conferenza dei sindaci dell’Usl 1 con quello dell’Usl 2 «per mettere a punto una strategia comune a tutela di questa provincia, da Sovramonte Guido Trento invoca la rinascita dei comitati territoriali «per salvare questa sanità. Dobbiamo vendere cara la pelle, non possiamo più tentennare». Lo stesso Bond, infine, prevede che questa situazione «non potrà che mostrare i suoi effetti negativi da qui ai prossimi 3-4 anni, quando ormai resterà ben poco in questo territorio. Accorpare va bene, ma solo se non si vanno a togliere servizi al cittadino. Tra qualche anno ci accorgeremo di ciò che ci è stato tolto».
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