Polenta, pastin e hockey all’Insonnia dei Meneghetti

Polenta e hockey in simbiosi all’Insonnia, il locale nato da un’azzeccata intuizione dei coniugi Beniamino Meneghetti e Carla Busin. Risalendo la val di Zoldo e da Longarone, tra bei panorami, boschi di larici, faggi, abeti, alla fine della stretta gola del “canale” appena prima della galleria che apre la vista alla pieve di san Floriano, a sinistra una strada attraversa il torrente Maè e porta al ristorante “L’Insonnia”: siamo a un paio di chilometri del centro di Forno. Parliamo di un locale in controtendenza, che è riuscito a fare del suo ambiente casareccio e informale il suo punto di forza.
La scommessa
La piccola e vecchia Casera delle Bocole era in completo disarmo e in totale abbandono, quando i coniugi Beniamino e Carla si innamorano del posto e la chiedono in affitto al Comune di Forno di Zoldo. Siamo nel 1967. Vengono effettuati i lavori di ripristino e due anni dopo aprono il locale. Nel 1989 il primo ampliamento, con l’aggiunta di una grande sala, che trasforma il locale in un ristorante da cento coperti. Successivamente viene sistemato un capannone che funziona solo in estate e vengono collocati dei tavoli davanti all’entrata. Tutti questi lavori vengono effettuati in economia dai Meneghetti, con la collaborazione di amici.
Ora Beniamino è in pensione, la gestione è affidata al figlio Omar, ma in cucina chi comanda è sempre la moglie Carla. Gli altri figli danno una mano di tanto in tanto, lavorando altrove come artigiani. «All’Insonnia», racconta Beniamino, «non si devono ordinare i piatti. Solo per gli operai che vengono più di una volta la settimana, mia moglie Carla alterna i piatti». Per gli altri il menù è fisso e le portate si susseguono. I piatti principali? Spezzatino, pastin, “muset”, formaggio frit, croccante fuori e morbido dentro, direttamente dalla padella, appena sfornato. Immancabile la polenta. Si bene vino sfuso e ottima birra cecoslovacca alla spina. La conclusione è affidata a gelato, torta di mele e il caffè di moka, con l’immancabile “resentin.
La buona sorte
L’amore tra Beniamino e Carla ha origine nel 1957. Meneghetti e un amico erano andati a “personale” in quel di Falcade per le gelaterie che avevano in Germania. «A un certo punto», racconta Beniamino, «vedemmo della biancheria stesa ad asciugar dalla quale si percepiva “odore” di donna, per via di numerosi indumenti intimi con pizzi e reggiseni. “Qua là da’ ese pien de femene, qua de segur caton chel ne ocor a aoi”, esclamammo. Così due ragazze si resero disponibili a prendere la strada della Germania con loro. Dopo un sorteggio, indovinate quale delle due dovetti portare con me? Carla Busin». E fu un colpo vincente. Da dipendente a sposa il passo fu breve. Nascono tre figli: Luca, Igor e Omar a Geselchiechen in Germania. Si pone il problema di lasciarli a Zoldo dai nonni, per andare, poi, in Germania come facevano tante famiglie: «Ma noi non seguimmo quella strada. Decidemmo di rimanere in Zoldo, vendendo la bottega tedesca, avviata vent’anni prima».
Polenta e hockey
La loro decisione desta scalpore, visto il successo delle gelaterie in Germania. Si trasferiscono alle Bocole dove la famiglia investe tutto il suo avere nell’Insonnia. Nel frattempo vegono alla luce altri quattro bambini (Ivan, Boris, Tito e Sasha) e la vita per Carla di faceva sempre più dura. «Crescere sette bambini e, nel frattempo, mandare avanti l’azienda familiare non era facile, anche perché il sottoscritto trovava qualche spazio per assistere a qualche partita di hockey ad Alleghe o Cortina. Dovevamo trovare qualcosa per far svagare la ciurma al rientro dalla scuola. Ecco che, insieme ad alcuni amici, iniziammo a preparare una lastra di ghiaccio (nell’attuale parcheggio del palaghiaccio) sulla quale i ragazzi scivolavano, preparandosi a diventare hocheisti».
Intanto l’Insonnia prende piede, i ragazzi crescono danno una mano ai genitori, coniugando l’attività di hockeisti con il lavoro. «Il locale andava forte, era una tappa fissa per residenti e turisti, ma soprattutto per gli appassionati di hockey. Nel 1980, infatti, venne costruito il palaghiaccio», racconta Beniamino, «e l’Usg Valzoldana, sospinta anche dai miei figli maschi, mieteva vittorie nei campionati di serie B. C’era un gran fermento attorno a questo sport, approdammo anche nella massima serie, e in questo locale facevamo notte a parlare di hockey».
Nel 2009 il palaghiaccio subisce danni enormi: una forte nevicata distrugge il tetto. È la fine del sogno? Niente affatto. Dopo alcuni anni viene ripristinato il campo di gioco e c’è la rinascita dell’hockey con una miriade di bambini e ragazzi che rinverdiscono le bella tradizione hockeistica zoldana. E i Meneghetti sono ancora lì, a insegnare i segreti di questo sport alle nuove leve. —
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