Polizia Provinciale: oltre 600 interventi tra monitoraggio e attività di indagine
BELLUNO
Anche l’attività venatoria ha subito un rallentamento nell’anno del Covid, ma se il numero dei cacciatori diminuisce di anno in anno e l’età media si alza, il bracconaggio continua a preoccupare. Il bilancio 2020 del settore caccia e pesca è stato illustrato ieri dal consigliere provinciale delegato Franco De Bon (che ha le deleghe anche al demanio idrico e alle minoranze linguistiche) partendo proprio dai numeri.
Attualmente soci delle riserve bellunesi sono 2.706: «I cacciatori sono in costante diminuzione mentre aumenta la loro età», spiega De Bon. «Bisognerà tenerne conto perché svolgono un ruolo di riequilibrio faunistico importante». Negli anni è calato drasticamente anche il numero degli agenti della Polizia provinciale, che erano 42 fino a pochi anni fa e oggi sono 19. Una boccata d’ossigeno è arrivata con due unità dal Friuli e da uno stanziamento regionale di 50 mila euro che ci ha permesso di fare un’analisi genetica della trota marmorata e uno studio sulla lepre bianca con l’Università di Bologna».
Le funzioni relative a caccia e pesca sono svolte dalla Provincia sulla base della legge regionale del 2018, confermata da una convenzione stipulata con la Regione che ha garantito la specificità provinciale nell’ultimo anno. «La qualità dell’operato della Provincia è stata valutata anche dal punto vista giudiziario», aggiunge De Bon, «visto che il calendario venatorio è stato oggetto di due impugnative, nei mesi scorsi, da parte di associazioni animaliste. In entrambi i casi, è stata dimostrata la bontà dei provvedimenti provinciali».
Per quanto riguarda l’attività della Polizia provinciale, i dati al 20 dicembre, gli agenti sono interventi per 153 sinistri stradali con fauna selvatica, 438 sono stati gli interventi di recupero di fauna selvatica morta o in difficoltà, 103 i sopralluoghi di accertamento negli allevamenti colpiti da attacchi da grandi carnivori, 11 gli interventi della squadra cinofila antiveleno (l’unica operativa nell’area delle Alpi orientali) e oltre 500 le persone controllate in luoghi isolati, in ambito montano e rurale.
L’attività di polizia amministrativa e giudiziaria ha portato a elevare 39 verbali amministrativi, e al deferimento di 11 persone all’autorità giudiziaria (nel 75% dei casi per violazioni delle norme sulla caccia: uccisioni o catture di animali protetti, con mezzi vietati, o mancato rispetto delle distanze di sicurezza da strade o abitazioni); nell’ambito di queste operazioni, sono stati sequestrati 13 mezzi di caccia vietati, 17 esemplari catturati illecitamente, di cui 12 restituiti all’ambiente naturale.
«Questi numeri sono in calo rispetto agli anni precedenti», sottolinea De Bon. «Se in parte ciò è attribuibile alle restrizioni alla mobilità imposte dal Covid, il dato va purtroppo ricondotto alla ridotta presenza sul territorio delle guardie. Che il fenomeno del bracconaggio sia tutt’altro che diminuito, lo dimostrano tre operazioni portate a termine dalla Polizia provinciale a seguito di lunga attività d’indagine: nel primo caso una persona senza licenza di caccia è stata denunciata, a febbraio in Valbelluna, per aver catturato e detenuto numerosi uccelli selvatici appartenenti a specie protette. In marzo, in Alpago, un 45enne, senza licenza di caccia, che si appostava su un albero nottetempo, è stato denunciato per aver esercitato la caccia con mezzi vietati e in periodo di divieto generale. Infine, il 5 novembre un cacciatore lamonese 63enne è stato colto in flagranza di reato mentre trasportava a valle un camoscio da poco abbattuto, in una riserva dove la caccia al camoscio è vietata». —
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi