Pompieri come acrobati sul tetto del campanile

BELLUNO. Stavolta niente drone, a dare spettacolo sono stati i vigili del fuoco in prima persona.
Una folla di curiosi e passanti ha assistito ieri mattina alle acrobazie degli uomini del nucleo Saf (Speleo alpino fluviale) dei pompieri di Belluno, intervenuti sul campanile della chiesa di Santo Stefano per la rimozione della pianta che rischiava di provocare pericolosi distacchi di materiale dalla cuspide. Un intervento perfettamente riuscito e durato circa quattro ore, quelle necessarie «per asportare l’arbusto, già ben sviluppato e alto circa un metro, con tutte le sue radici», ha spiegato il capo squadra dei vigili del fuoco. «Grazie alle informazioni ottenute esaminando le foto scattate, la scorsa settimana, dal nostro drone, abbiamo provveduto anche a rimuovere altre piantine e il muschio, che con il loro sviluppo avrebbero ingrandito alcune crepe già esistenti, aumentando di conseguenza il pericolo di un distacco di materiale dal basamento della cuspide. Nell’occasione sono stati rimossi anche alcuni mattoni deteriorati, per poi procedere al consolidamento della copertura esterna della cuspide, effettuato utilizzando malta di cemento e iniettando un apposito siero antibatterico nelle fessure, al fine di evitare nuove crescite arboree».
Per mettere in sicurezza il basamento della cuspide e del cornicione sottostante, inoltre, si è dovuto procedere con l’apertura della conversa, la lastra protettiva in piombo che funge da isolante e da barriera impermeabile. «Abbiamo pulito tutte le fessure con l’aria compressa e uno speciale prodotto antibatterico», prosegue il capo squadra. «Più della pianta, in realtà, a preoccupare era proprio lo stato di alcune mattonelle della copertura della cuspide, che sono state stabilizzate. Un lavoro che si è concluso con l’asporto di circa due secchi di materiale pericolante, una trentina di chili in tutto: rotture provocate non solamente dalla presenza di muschi ed essenze arboree, ma anche dai repentini sbalzi di temperature tipici di queste zone e che rappresentano un nemico per edifici con queste caratteristiche strutturali. L’intervento di consolidamento, effettuato iniettando malta di cemento nelle crepe e nelle fessure, comprese quelle che si erano aperte a seguito dello sviluppo delle radici della pianta, si può in ogni caso considerare perfettamente riuscito. Quel che più conta, tuttavia, è che nel corso delle operazioni non si sono evidenziati segni di possibili e futuri dissesti statici sulla cuspide».
Un’operazione di routine, se non fosse che per compierla i vigili del fuoco, adeguatamente imbragati, è stata compiuta a un’altezza di 31 metri. «Abbiamo fatto salire i colleghi del Saf in cima al campanile utilizzando la scala della nostra autogru, capace di un’estensione massima di 30 metri in altezza. Lavorare così in alto rende logicamente complicato qualsiasi intervento, ma in questo caso si sono rivelate utilissime le esperienze fatte in passato a L’Aquila e in Emilia, dove abbiamo operato su edifici pubblici e chiese danneggiati dai due eventi sismici che hanno colpito quelle zone».
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