Poste, i lavoratori incrociano le braccia
BELLUNO. Recapito sempre più disastroso, pensionamenti in massa e privatizzazione della società: il 4 novembre è sciopero dei lavoratori di Poste italiane spa,mentre dal 24 ottobre al 23 novembre è indetta l’astensione dagli straordinari e dalle prestazioni aggiuntive.
È muro contro muro, ormai, all’interno di Poste: lavoratori e sindacati da una parte, società dall’altra. Tutte le sigle sindacali, unitariamente, hanno deciso di adire alle maniere “forti”: con l’astensione dal lavoro per tutta la giornata di venerdì 4 novembre, faranno sentire il disagio scoppiato con la riforma del recapito.
«Le Poste funzionano solo per la buona volontà del personale che cerca di fare il proprio lavoro tutti i giorni, sforando sempre gli orari di lavoro, perché l’organizzazione aziendale non c’è. Anzi, tutti i progetti aziendali messi in campo creano solo grandissime criticità a tutto il sistema, penalizzando i lavoratori e i nostri clienti», precisa, a nome delle parti sociali, Francesco Riva della Slp Cisl.
Alcuni dati. Attualmente in provincia di Belluno sono 113 le zone dove la consegna della corrispondenza avviene a giorni altern; 101 gli uffici postali, di questi, 74 sono mono operatore, mentre gli altri sportelli hanno almeno un’altra persona; 500 i lavoratori tra impiegati e postini, compresi gli staff.
La situazione. Dopo l’avvio traumatico della riforma del recapito in provincia di Belluno, la situazione a distanza di mesi non è migliorata. «Anzi, i portalettere, che fino a qualche tempo fa venivano affiancati dai colleghi che avrebbero dovuto andare alla sportelleria, ora sono mandati sul territorio allo sbaraglio», dice la Slp Cisl. «Persone che non avevano mai fatto una zona, vengono catapultate in aree difficili, munite soltanto di una cartina topografica. E questo non fa che diminuire la già bassa qualità del servizio di recapito».
E le condizioni potrebbero peggiorare: «Siamo ormai prossimi alle festività natalizie, quando la mole di corrispondenza aumenta, ma il personale invece diminuisce», precisa Riva, che prosegue: «Un tempo, da ottobre a gennaio ogni zona era presidiata da due postini, che si suddividevano il carico di lavoro. Entro dicembre, invece, andranno in pensione altre 40 persone tra recapito e sportelleria. E queste vanno ad aggiungersi agli altrettanti addetti che se ne sono andati l’anno scorso».
«Da quanto è dato sapere, l’azienda non ha alcuna intenzione di sostituire questi lavoratori. E come si apriranno gli uffici in queste condizioni? Che tipo di servizio siamo in grado di offrire ai nostri clienti?», si chiede amareggiato il sindacalista, che si dice contrario a qualsiasi chiusura degli sportelli provinciali, «soprattutto in zone come quelle montane già disagiate. Agendo in questo modo, Poste sta abdicando al valore sociale della sua attività».
Ma i problemi riguardano anche il futuro stesso della società, che si è avviata sulla strada della privatizzazione totale. «Cosa ne sarà delle centinaia di migliaia di risparmiatori che hanno investito da noi? Con la privatizzazione, insieme alla carenza di organico, Poste non darà più garanzie sul servizio fornito. Stiamo assistendo», dicono le parti sociali, «alla deriva negativa del servizio postale sia dal punto di vista finanziario che commerciale, con ulteriori perdite di posti di lavoro. Dobbiamo fermare tutto questo».
Lo sciopero sarà articolato in due manifestazioni: una a Roma, l’altra a Venezia.
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