Povertà, 13 presìdi nella diocesi per chi è in difficoltà
BELLUNO. Ancora profughi? Continuiamo a pensare agli impoveriti italiani dalla crisi. E da quella delle banche in particolare.
È la svolta delle Caritas diocesane, che ieri a Mestre hanno presentato un rapporto sulle nuove povertà. Da una parte 130 case di accoglienza, per accogliere 3.896 'scarti' italiani e stranieri della società a Nordest.
Dall'altra, corridoi umanitari non solo per accogliere i profughi (9 mila in capo alle 15 diocesi del Triveneto), ma per far rimpatriare con dignità quanti non hanno diritto a restare. Le 15 diocesi del Nordest, testimoniando esclusivamente il Vangelo, vanno avanti con l'accoglienza, senza guardare in faccia nessuno. D'altra parte, ben 17.500 sono stati i nuovi poveri che l’anno scorso hanno bussato alle porte delle chiese, in tanti casi più volte, fino a più di 60 mila accessi. Specie, quando, il pubblico non ha risposta da dare. Di strutture ospitali ne hanno ben 206, senza contare quelle recuperate per i richiedenti asilo politico, il costo di gestione arriva ai 18 milioni di euro e non un euro ricevono dalle istituzioni; tutta carità dei veneti (o friulani o, ancora trentini e sudtirolesi).
Ben 13 presidi di accoglienza in diocesi di Belluno Feltre, di cui una decina semiprotetti, per le persone in difficoltà; 2 anche per chi è senza casa. Lo certifica il primo Rapporto «E chi è il mio prossimo?» presentato ieri a Mestre. E non tanto per celebrare la generosità di queste terre, bensì per dare lettura dei bisogni e sollecitare "risposte di senso".
Nella diocesi di Padova le strutture residenziali sono 6, destinate per la maggior parte a chi è rimasto senza casa. «Una persona senza residenza è come un morto che cammina» taglia corto con i commenti don Giovanni Sandonà, già coordinatore dell'Osservatorio Povertà.
«Le persone che non ci limitiamo ad accogliere ma ad accompagnare verso una rigenerazione - spiega Paolo Molinari dell'Ires, l'istituto che ha collaborato alla redazione del rapporto - sono prevalentemente maschi (79%), celibi (52%) e si dividono in due gruppi quasi omogenei, con gli italiani che rappresentano il 50,3% del campione, gli stranieri comunitari con il 5,6% e gli stranieri extra UE con il 44,1%».
La multi-problematicità di tutte le persone accolte, ruota in modo rilevante sulle dimensioni legate alla casa , al reddito e al lavoro. A queste tre dimensioni per le persone italiane, concorrono al disagio in maniera rilevante anche la sfera della famiglia (assenza di relazione), della salute, della dipendenza, dell'autonomia psico-fisica, della devianza, dell'istruzione e della socialità.
Per le persone straniere, da tempo presenti in Italia e con regolari permessi di soggiorno, l'indagine registra una minore multi problematicità rispetto agli italiani: si confermano le macro dimensioni legate al reddito, al lavoro e alla casa a cui e assume rilevanza la dimensione della scolarità (69,1%). Tutte la altre problematiche sono a livelli inferiori, con percentuali tutte al disotto del 25%.
«I dati - evidenzia Molinari - rilevano che gli italiani accolti nelle residenze della Caritas sono il gruppo più problematico». Per quanto riguarda proprio gli italiani, «resta dolente il problema della residenza - puntualizza la Caritas - senza la quale molti dei senza dimora non possono accedere a nessuna forma di tutela socio-sanitaria e previdenziale. Così come, la presa in carico da parte della rete dei Servizi Sociali Territoriali: dato evidenziato dal 36% degli accolti in carico solo alle nostre Caritas».
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