Precipita in parete, muore infermiera
SANTO STEFANO. Un’arrampicata fatale per Manuela Sittoni, l’infermiera di 45 anni di Campologno di Santo Stefano che ieri pomeriggio ha perso la vita mentre stava scalando la cascata di ghiaccio sul Monte Col in val Ciudera. La donna, insieme al suo compagno di cordata, stavano arrampicando sulla cascata quando, non si sa ancora come sia accaduto, entrambi sono precipitati. Una caduta che per la donna è stata fatale, mentre l’altro alpinista ha riportato un trauma alla gamba e uno allo colonna. L’uomo è stata condotto nella tarda serata a valle dai volontari del soccorso alpino, dopo un recupero molto difficile. Ad attendere i soccorritori, c’era l'ambulanza del 118 di Pieve di Cadore che l’ha trasferito all’ospedale cadorino per le cure mediche del caso.
Allertate intorno alle 17.30, hanno operato nell’area dell’incidente le squadre del Soccorso alpino di Val Comelico, Sappada e Auronzo, che sono state impegnate per gran parte della serata e della notte nel difficile recupero sia del ferito che del corpo della donna.
Le cascate del monte Col sono piuttosto impegnative sia per l’avvicinamento (ci vogliono da una a tre ore di marcia talvolta con gli sci) sia per le discese non sempre facili, inserite in un ambiente severo e isolato che rende però al tempo stesso queste cascate uno spettacolo unico. Si tratta di un luogo però sconsigliabile in caso di forte innevamento.
La notizia della tragica morte di Manuela Sittoni, che lascia due figli, è arrivata come una doccia gelida sia nel paese che tra il personale del reparto di ostetricia dell’ospedale di Pieve di Cadore dove la donna lavorava come infermiera. «È stato un vero colpo, non me l'aspettavo», dice con la voce rotta dal dispiacere il primario del reparto, Antonino Lo Re. «Ho sentito Manuela tre giorni fa. Lei era parte integrante del gruppo della procreazione assistita. La prossima settimana saremo nel pieno ciclo di fecondazione e Manuela era un elemento validissimo del gruppo, anche perché si dava al suo lavoro con tanto entusiasmo. Era una persona assolutamente sensata, prudente, che amava questa sua attività di arrampicata di cui qualche volta mi parlava ed era tale il suo entusiasmo per la montagna che entusiasmava anche me. Era sempre attenta e prudente». «Era una persona dalle doti umane spiccate, lei contribuiva a creare quel clima di serenità affettiva ed emotivamente stabile di cui hanno bisogno le coppie quando si rivolgono a noi per avere dei figli. Sarà per me e per tutto il reparto una perdita grandissima sia professionale che dal punto di vista umano perché Manuela era una di quelle persone che ti auguri di avere come collaboratrice», conclude il primario.
Commosse e comprensibilmente scosse anche le colleghe di lavoro dell’ospedale di Pieve. Il dispiacere e lo shock per quanto avvenuto le ha colte di sorpresa tanto che trovare le parole è difficile. «Manuela era una collega meravigliosa per tutti», dice qualcuna di loro. «Lascerà in tutti noi un grande vuoto. Aveva una grande passione per il lavoro, aiutava tante persone. Amava la montagna tanto quanto era grande l’amore per la vita che in questo reparto diamo ogni giorno».
Sul Pelmo. «Sono un miracolato». Con queste parole si è presentato ieri pomeriggio al rifugio Passo Staulanza, ancora visibilmente scosso per quanto accadutogli, uno scialpinista di Cadoneghe, G.B. di 46 anni. Circa due ore prima l’uomo era stato travolto da una valanga sulla Forca Rossa, lungo la parete nord del monte Pelmo.
Erano da poco passate le 13 quando un consistente fronte nevoso si è improvvisamente sganciato (a una quota di circa 2500 metri) investendo in pieno e trascinando per circa 200 metri il 46enne. Parzialmente ricoperto dalla neve, l’uomo aveva in un primo momento allertato il 118, ma pochi minuti più tardi era riuscito a liberarsi dalla morsa della valanga e riprendere il sentiero verso la strada. Dopo quasi due ore di tragitto (sorvegliato con il binocolo dagli uomini del Soccorso alpino della Val Fiorentina, anche loro allertati in un primo momento), lo scialpinista padovano ha raggiunto la strada che dal Passo Staulanza va a Selva di Cadore, sbucando all’altezza del tornante numero 3. Giunto al rifugio, l’uomo è stato accolto dal gestore della struttura, che gli ha offerto una bevanda calda. «Era sconvolto», rivela Marco Sala, responsabile del rifugio, «sapeva di averla scampata bella. A parte lo shock stava comunque bene, era solo un po’ fradicio e infreddolito e dopo essersi riacclimatato se n’è andato, senza necessitare di soccorsi».
Marco Ceci
Paola Dall’Anese
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