Preghiera dell’alpino “censurata”

Al raduno sul passo San Boldo lettura fuori dalla chiesa dopo il no del sacerdote
Borin Vittorio Veneto deposizione corona al monumento alpini loc S. Andrea Borin Vittorio Veneto deposizione corona al monumento alpini loc S. Andrea
Borin Vittorio Veneto deposizione corona al monumento alpini loc S. Andrea Borin Vittorio Veneto deposizione corona al monumento alpini loc S. Andrea

SAN BOLDO. In chiesa proprio no. Censurata la "Preghiera dell’alpino", nella cappella del passo San Boldo, peraltro costruita dalle penne nere. Il sacerdote che il giorno dell’Assunta ha celebrato la messa, padre Francesco Rigobello, dell’Abbazia di Follina, nell’ambito del raduno degli alpini di Tovena e della Vallata, presenti numerosi gruppi della Valbelluna, ha impedito che alla fine del rito si recitasse quell’invocazione a Dio perché salvi «noi, armati come siamo di fede e di amore» e renda «forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana».

Il celebrante ha proposto una preghiera modificata, come suggerisce anche l’ufficio liturgico della diocesi di Vittorio Veneto, ma il capogruppo Mario Magagnin ed il presidente della sezione, Angelo Biz, non hanno accettato. Hanno pertanto invitato gli alpini fuori della cappella e sull’atrio hanno proceduto alla lettura, alla presenza del vessillo sezionale, dei gagliardetti, del sindaco Cristina Pin, di tutti gli alpini e familiari che con commozione si sono raccolti con devozione. Al momento del riposo non sono tuttavia mancati i mormorii e i dissensi.

«Senza spirito di polemica ci si chiede perché nella nostra Diocesi il rapporto con gli alpini sia spesso diventato così problematico per questo motivo» chiosa Biz, il presidente dell’Ana, «eppure riteniamo che pochi corpi in congedo abbiano la stessa fedeltà alla celebrazione eucaristica come gli alpini. Non c'è manifestazione che non si apra con la messa e non c'è comunità cristiana che non abbia conosciuto una significativa collaborazione, all'insegna della gratuità e della pronta disponibilità». Per l’Ana, «solo la malafede o un certo pacifismo ideologico possono pensare che gli alpini coltivino sentimenti di aggressione o di intolleranza. Gli alpini non hanno armi e la cultura che li ispira è quella di una fratellanza che non ha confini». E ancora: «È amaro constatare che proprio all'interno della comunità cristiana possano crescere muri, che finiscono per incidere nella serenità di rapporti, usando pretestuosamente il Vangelo della pace come una clava per rompere armonie consolidate».

Parole pesanti, per ammettere che l'espressione contestata della preghiera può prestarsi a non essere in sintonia con la moderna sensibilità, ma che «va letta e capita nel momento storico della sua formulazione quasi 80 anni fa». (fdm)

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