Premiati gli eroi di Rigopiano: «C'era un silenzio spettrale»
L’emozionante racconto dei quattro vigili del fuoco che per primi sono arrivati all’hotel sotto la valanga: «La forza dal sorriso dei bambini»
I vigili del fuoco premiati
BELLUNO. Noi, gli angeli nell’inferno di neve del Rigopiano. Quattro uomini di montagna, quattro vigili del fuoco bellunesi della Squadra valanghe, che per primi sono arrivati all’albergo abruzzese travolto dalla valanga del 18 gennaio. Metri di neve tutto intorno e, sotto, la terra d’Abruzzo che trema come impazzita. I capisquadra Massimo Bortot e Renato Bogo e i vigili Luca Caviola e Cristiano Capraro hanno quella notte stampigliata nel disco rigido della memoria e, durante la presentazione del Baby’s Bazar, hanno rivisto e risentito via skype Gianfilippo e Ludovica Parete, due dei bambini che hanno strappato alla trappola dell’hotel di Farindola. Chiamarla pelle d’oca è riduttivo. I sorrisi, di otto e sei anni sono stati il premio migliore alla fatica che hanno fatto, alla tenacia che ci hanno messo.
«Eravamo partiti per l’emergenza neve in centro Italia e, durante il tragitto, siamo stati dirottati a Pescara, perché sembrava che una valanga fosse scesa su un albergo», racconta Massimo Bortot, circondato dagli sguardi dei compagni, «c’erano diverse versioni: addirittura qualcuno parlava di crollo. Le strade erano inagibili e l’unico sistema per raggiungere la zona era usare il gatto delle nevi e sci e pelli di foca da scialpinismo. Uno scenario strano, quando siamo arrivati, dopo cinque chilometri a piedi: nebbia, neve, materassi sulle piante, a sette metri di altezza e fino a 300 di distanza. C’erano macerie ovunque e la valanga aveva un fronte enorme. Faceva tanto freddo e, da quel momento, gli unici due verbi sono stati sondare e scavare. Non c’era nient’altro da fare, insieme a Soccorso alpino e Guardia di finanza».
Una prigione in cemento e legno per gli ospiti delle struttura e, da dietro i muri, neanche una voce: «Un silenzio spettrale, assoluto. Gli unici rumori erano quelli che facevamo noi soccorritori, perché nel frattempo erano arrivati in tanti a dare una mano. Solo dopo un po’ di tempo abbiamo cominciato a sentire qualche richiesta di aiuto. Non pensavano di trovare nessuno in vita, sotto un fronte di circa 500 metri, anche perché era già passato diverso tempo e sarebbe stato, comunque, difficile recuperare superstiti».
Le prime voci attutite dall’enorme massa di neve sono state un pieno di fiducia: «La fatica se n’è andata e il freddo è passato. Tanta energia, tanta forza e si continua a lavorare. Ce l’abbiamo messa tutta e, quando abbiamo trovato i bambini, ho visto ulteriore entusiasmo e voglia di andare avanti. Un’euforia generale, che ha superato la stanchezza dei turni lunghi 12 ore. Ludovica era anche abbastanza tranquilla, malgrado le condizioni difficili in cui si trovava e mi ha fatto un grande piacere vedere il suo sorriso. L’abbiamo ritrovata stasera, con il fratello e i genitori ed è stata una grande emozione. I superstiti sono stati in tutto 11 (29 le vittime) e, per come si era messa, possiamo dire di aver lavorato bene e sempre al massimo delle nostre possibilità».
Una coperta di neve agitata dal terremoto, il che ha reso le operazioni ancora più difficili: «La mattina della valanga sono state registrate tre scosse e, dunque, abbiamo lavorato in condizioni di rischio valanga molto alto. C’era il pericolo che ne cadessero altre, ma non è che potessimo farci più di tanto caso. Tutti i soccorritori hanno fatto quello che potevano, per limitare al massimo il numero delle vittime».
I lavori sono durati giorni e i pompieri bellunesi si sono dati il cambio: «Abbiamo fatto diverse turnazioni e ci siamo stati tutti più volte, a Rigopiano. Ringraziamo tutti i ragazzi, con i quali dobbiamo dividere questo riconoscimento».
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