Preventivo legale obbligatorio: «Troppe variabili, è complicato»

Cambiano le regole per gli avvocati, ma la riforma della concorrenza non tiene conto della peculiarità della professione. Il presidente dell’Ordine De Col: «Servono regole per fare le cose seriamente» 
BELLUNO. Sta creando diverse difficoltà la riforma sulla concorrenza entrata in vigore il 29 agosto per diverse categorie professionali. Per gli avvocati si tratta di una rivoluzione che deve ancora trovare un percorso adeguato. La novità di maggior impatto tra i professionisti della giustizia riguarda l’introduzione dell’obbligo di fornire ai clienti un preventivo dettagliato “in forma scritta e articolato per voci di spesa” nei nuovi incarichi di difesa accettati. «La legge professionale (247/2012)», spiega il presidente dell’Ordine degli avvocati di Belluno, Marc De Col, «aveva già introdotto il preventivo a richiesta del cliente. La novità del ddl concorrenza sopprime le parole “a richiesta” trasformando il preventivo in un obbligo. Noi ne prendiamo atto, ma nella nostra professione è molto complicato fare valutazioni standard».


Ogni causa, penale o civile, è diversa e segue percorsi che non sempre si possono prevedere con un primo colloquio tra avvocato e cliente. Si può chiudere rapidamente con un accordo stragiudiziale o finire in un processo decennale, può rendersi necessario un accertamento tecnico preventivo oppure potrebbe non esserci nemmeno una spesa imprevista. Senza considerare l’ambito penale, nel quale il destino dell’indagato può andare dall’archiviazione in fase di indagini preliminari ai tre gradi di giudizio, passando per i riti alternativi. Anche il costo delle fotocopie è variabile e un avvocato non può conoscere gli atti di indagine fino a quando non ha ricevuto il mandato dal cliente. «Il rischio», prosegue De Col, «è che si facciano i preventivi più disparati. Noi ci chiediamo se ne valeva la pena. È giusto informare i clienti sulle evoluzioni e sui rischi di ogni iter processuale, è giusto essere più puntuali, ma ci sono oggettive difficoltà, volendo fare le cose seriamente».


I professionisti hanno quindi chiesto indicazioni più dettagliate ai due organismi di riferimento. Il Consiglio nazionale forense, competente anche per le questioni disciplinari e quindi nei casi di inadempimento, dovrà stabilire regole uguali per tutti: «Ci auguriamo che il Paese non si divida tra chi opera in un modo e chi in un altro». Una prima interpretazione, invece, c’è già da parte dell’Organismo congressuale forense, che ha chiarito come il preventivo sia di fatto un contratto tra avvocato e cliente e quindi, a sua volta, potrebbe diventare oggetto di contenzioso: «E così arriviamo al paradosso», dice De Col.


Ma ci sono altre novità, come la possibilità di esercizio della professione in forma societaria, attraverso società di capitali o di persone dove un terzo dei soci può non essere avvocato, ma semplicemente socio di capitale (comprese banche e assicurazioni): «Il rischio», sottolinea il presidente dell’Ordine, «è che il socio non avvocato entri nelle decisioni sulla linea difensiva, mettendo in discussione l’autonomia dell’avvocato che, finora, ha esercitato una professione impostata sulla persona fisica. Inoltre la norma è lacunosa sugli aspetti fiscali, tributari e previdenziali: chi paga i contributi? com’è tassato il reddito della società? chi è responsabile in caso di illecito disciplinare?». La norma prevede addirittura che un soggetto entri in più società che magari difendono parti contrapposte. Gli avvocati in questi mesi non sono rimasti fermi e hanno scritto anche al presidente della Repubblica Mattarella, evidenziando i lati più oscuri della riforma, ma nel frattempo la legge è entrata in vigore e ci sono poche speranze che venga modificata prima della nuova legislatura.


Irene Aliprandi


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