Primi casi nelle fabbriche: il timore è per maggio

Un positivo alla Pandolfo, quattro lavoratori della Clivet non passano il sierologico. La Fiom: «Andremo azienda per azienda a verificare il rispetto delle regole»
12/03/2020 Marghera, operai all’uscita dalla Fincantieri alla fine di un turno
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BORGO VALBELLUNA

Un lavoratore positivo alla Pandolfo alluminio di Lentiai, quattro positivi ai test sierologici alla Clivet di Villapiera. Sono i casi sui quali si è mossa in questi giorni la Fiom Cgil, che ha verificato con le aziende l’avvenuta applicazione delle disposizioni sanitarie per il coronavirus.

Alla Pandolfo il caso emerso ha riguardato un lavoratore che era rientrato per pochi giorni nell’azienda, dove si sta lavorando in deroga ma con volumi e personale ridotto. L’azienda ha confermato alla Fiom che sono state subito avvisate le autorità sanitarie e che sono scattate le misure previste anche per i colleghi venuti a contatto.

Alla Clivet sono stati invece quattro i lavoratori risultati positivi su 120 test sierologici effettuati finora dall’azienda feltrina, che li applica a chi ritorna in fabbrica.

Numeri tutto sommato contenuti ma sui quali i metalmeccanici della Cgil, con il segretario Stefano Bona, stanno ragionando in vista del 3 maggio.

«Nel Bellunese le aziende sono aperte in deroga», spiega Bona, «anche se a ritmi ridotti. Se il 3 maggio ci sarà un via libera più ampio il nostro compito sarà quello di andare azienda per azienda a verificare l’applicazione puntuale dei prototolli con le modifiche che probabilmente ci saranno e poi aprire una fase di contrattazione, perché comunque il lavoro al tempo del coronavirus sarà diverso da prima. Banalmente, basti pensare che lavorare per 8 ore con una mascherina sul viso non è come lavorare senza. Sarà un impegno nel medio lungo periodo, perché temo che non ce la caveremo in pochi mesi. Dovremo discutere di temi come le riduzioni di orario e le coperture per i lavoratori, perché le nove settimane di cassa integrazione stanno per scadere, pare che con il nuovo decreto verrà estesa ma non abbiamo certezze».

C’è poi la questione dei contratti somministrati: «Sono mille quelli in scadenza tra aprile e maggio», spiega il segretario Fiom, «e le prime avvisaglie ci dicono che non verranno rinnovati. Tutti rischiano di trovarsi a casa perché il mercato del lavoro non sarà certamente dinamico».

Il sindacato cercherà di mettersi al tavolo con le aziende, spiega Bona, per cercare delle soluzioni “ombrello” che permettano ai lavoratori con contratti a termine di restare in azienda più a lungo. «Una modifica alla normativa c’è già stata», spiega Bona, «dando la possibilità di rinnovare i contratti a termine anche in presenza di cassa integrazione, cosa prima vietata. Ma con i volumi produttivi così bassi le aziende tenderanno comunque a non rinnovarli e si rischiano di perdere centinaia di posti di lavoro e di vedere espulsi dal mercato occupazionale questi lavoratori più deboli. Purtroppo non abbiamo molti strumenti, se non quello di cercare di dialogare con le aziende per cercare degli ammortizzatori che consentano a questi lavoratori di aspettare una ripresa più consolidata».

Ma il 3 maggio con la riapertura di nuove aziende sarà il momento per la Fiom anche di riprendere l’attività sindacale nelle fabbriche, partendo dalle assemblee con i lavoratori.

«Se i lavoratori tornano in fabbrica, è normale e logico che torni anche il sindacato, vanno dunque concordati tempi e modi per riprendere quel rapporto diretto con i lavoratori che è interrotto da due mesi. Il Dcpm vieta infatti gli assembramenti anche in fabbrica, ma se si sono trovate modalità precise per permettere ai lavoratori di utilizzare le mense, allora si possono trovare anche per tenere le assemblee sindacali». —


 

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