Processo ai rapinatori “fantasma”
SEREN DEL GRAPPA. La mattina dell’11 novembre dell’anno scorso Adil Channita, 20 anni, marocchino con residenza ad Alano di Piave, e Mohamed Lamghari, 22 anni, suo connazionale di Quero, entrambi venditori ambulanti, entrarono in un’abitazione di un’anziana di Rasai, a Seren del Grappa, Maria De Freitas, 80 anni, la legarono ad un divano e la picchiarono con un pesante posacenere in marmo a forma di mortaio, procurandole un grave trauma cranico. Tutto per rapinarla di una catenina d’oro, altri monili preziosi e cento euro in contanti. Poi, fuggirono dopo aver accuratamente strappato i cavi telefonici e portato via il cellulare dell’ottantenne, per impedirle, una volta liberatasi, di chiamare i soccorsi. Ad incastrarli furono una serie di elementi: le telecamere della stazione ferroviaria di Feltre, dove i due s’incontrarono prima della rapina, la testimonianza dell’autista della Dolomitibus che li trasportò fino a Rasai, le chiamate registrate dalle celle telefoniche della frazione di Seren ed i rilievi effettuati dal Ris di Parma nella casa di Rasai.
I due diabolici rapinatori, sapendo di non poterla fare franca, progettarono subito una fuga. Lamghari, due giorni dopo la rapina, il 13 novembre, salì sul primo aereo diretto in Marocco. Channita lo seguì il 17 novembre, sei giorni dopo il vile pestaggio dell’anziana di Rasai.
Da allora Channita e Lamghari sono latitanti. Sebbene abbiano parenti stretti nel Feltrino, non hanno più messo piede in Italia. Nemmeno per discolparsi, ammesso che siano innocenti.
Ma la giustizia italiana deve fare il suo corso. Il pubblico ministero Simone Marcon, titolare delle indagini, ha formalmente chiesto, al giudice delle udienze preliminari Giorgio Cozzarini, il rinvio a giudizio dei due latitanti marocchini per i reati di rapina aggravata e lesioni personali aggravate. Il punto è che, difficilmente, Channita e Lamghari, rientreranno in Italia. Il rischio più che concreto è che in tribunale a Belluno si celebreranno udienze, con relativi costi sulla collettività (e questo chiaramente non è colpa dei magistrati), a carico di due imputati fantasmi.
L'accordo bilaterale tra Italia e Marocco, infatti, in materia di giustizia risale al 1973 ed è tuttora valido. Per i reati di cui sono accusati Channita e Lamghari non è prevista l'estradizione. La procedura è piuttosto complessa e prevede che la procura della Repubblica di Belluno che ha curato le indagini trasmetta tutti gli atti al ministero della Giustizia a Roma. Il ministero italiano dovrà interfacciarsi con il suo omologo in Marocco, traducendo tutti gli atti e consentendo così alla magistratura locale di processarli.
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