Procurato aborto a Feltre. I genitori disperati: «Il nostro Mario è morto soffocato»

FELTRE. Perché è morto il piccolo Mario? Non c’è ancora una verità definitiva sul decesso del bambino di una coppia ghanese, nella sala parto dell’ospedale Santa Maria del Prato. La Procura della Repubblica ha chiesto per tre volte l’archiviazione dell’inchiesta aperta nell’aprile di due anni fa sui sanitari Antonio Grimaldi, Giorgio Guazzelli, Luca Callegaro, Gianni Apollonia, Aurora Campigotto e Sara Mazzocco, vedendosi negare l’incidente probatorio dal tribunale. E la famiglia ha presentato altrettante opposizioni, invocando l’imputazione coatta, cioè la scrittura del capo d’imputazione per l’ipotesi di reato di provocato aborto (articolo 17 della legge 194). Il giudice per le indagini preliminari Elisabetta Scolozzi si è riservata la decisione sul processo o sul proscioglimento, rinviandola al 18 gennaio.
L’avvocato pordenonese Russi, che tutela i genitori del bimbo, è convinto che sia giusto andare a processo, perché secondo i consulenti di parte Fais e Thiene gli indagati hanno delle responsabilità precise: il cuore del bambino era a posto e la morte è stata causata da soffocamento, perché non si riusciva a estrarlo dall’utero. È rimasto per tredici minuti con la sola testa all’esterno e non è più riuscito a respirare. Ci sarebbe voluto un taglio cesareo, come per la sorellina, che era nata un anno e mezzo prima, anche perché non mancavano i fattori di rischio per un parto naturale. Due ostetriche e un ginecologo erano presenti in sala parto fin dai primi istanti, mentre gli altri tre sanitari sono intervenuti in un secondo momento.
Il consulente della Procura della Repubblica, Cirnelli, che ha eseguito l’autopsia e il collega Dal Maso, invece, erano arrivati a conclusioni diverse: il decesso è avvenuto per complicanze cardiache. E allo stesso risultato era giunto il consulente delle difese Rodriguez, incaricato dagli avvocati Ferdinando Coppa e Valentina Mazzucco.
Durante il travaglio, che è durato dalla 2.30 della notte alle 6 del mattino, ci sono state senz’altro delle criticità e Mario non ce l’ha fatta: «Crediamo di aver messo in campo i migliori specialisti», spiega Roberto Russi, «dalle loro consulenze, emergono chiaramente le responsabilità dei medici, che avrebbero dovuto organizzarsi per un parto cesareo, viste le condizioni della donna e le sue caratteristiche fisiche. Il bambino non aveva problemi dal punto di vista cardiaco, ma non poteva sopravvivere, dopo tutto quel tempo in una situazione critica. Mi aspetto che il giudice valuti tutti questi aspetti e decida per l’imputazione coatta». La Procura la vede diversamente e anche le difese. —
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