Pronta a partorire finisce al S. Martino

Pieve. La denuncia del sindaco Ciotti: «I ginecologi ci sono ma le donne sono mandate a Belluno. E anche i bambini»
Di Paola Dall’anese
Stefano Da Rin Puppel-Perona-Pieve di Cadore-Inaugurazione Nuovo Pronto Soccorso
Stefano Da Rin Puppel-Perona-Pieve di Cadore-Inaugurazione Nuovo Pronto Soccorso

PIEVE DI CADORE. «Una mamma in procinto di partorire, l’altra notte, è stata portata direttamente all’ospedale di Belluno. Così non va». Il sindaco di Pieve di Cadore, Maria Antonia Ciotti, torna all’attacco, denunciando un servizio sanitario che ancora non riesce a garantire pienamente le emergenze, come invece dovrebbe.

«Anche se dal 6 febbraio sono operativi due medici ginecologi h 24, 7 giorni su 7, con presenza diurna e reperibilità notturna, in caso di necessità si preferisce ancora una volta mandare a Belluno le pazienti. Ma non è così che funziona. Si dovrebbe poter nascere tranquillamente anche qui al Giovanni Paolo II. Anche se la Regione, contrariamente a quanto dice la legge nazionale, ha dato una proroga per il nostro punto nascita, credo che, poi, ci si debba impegnare per garantire il servizio. Cosa che a quanto sembra non capita».

E cosa dire poi della Pediatria? Se lo chiede la prima cittadina che nei giorni scorsi ha incontrato i familiari di una bambina che a causa della febbre alta è stata portata dai genitori al pronto soccorso cadorino. «La piccola, che aveva 39 di febbre, è stata sottoposta ad una misurazione dell’ossigeno presente nel sangue. Ma visto che la strumentazione utilizzata era quella per adulti, non essendo aperta la pediatria, il referto è venuto fuori tutto sballato e quindi è stata portata a Belluno, anche lei. Qui è stata curata, ma poi i genitori sono dovuti ritornare al pronto soccorso di Pieve per chiudere la pratica. Se questo le pare un servizio degno di un ospedale...?».

«La sanità», conclude Maria Antonia Ciotti, «non può essere sotto scacco della burocrazia. La sanità è sanità e come amministratrice sono in prima linea per garantire non solo ai miei cittadini ma anche a tutti quelli del Cadore un servizio sanitario degno di tale nome. Qui potremmo avere tutto, tutti i reparti, tutte le attività e invece non è così. I servizi sono a giorni alterni, mancano i medici, e le persone sono ancora costrette ad andare a Belluno per le emergenze. Così proprio non va».

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