Prostituzione al centro Tuina, filmati 400 clienti
BELLUNO. Parola chiave: “massaggi Belluno” o “sesso Belluno”. E su Google si apre il mondo. Così alla squadra mobile si sono aperte le porte del Centro benessere Tuina, “scatola cinese” dove sono entrate telecamere nascoste che hanno ripreso rapporti sessuali in luogo dei massaggi da medicina tradizionale cinese: in piazza De Luca, nei locali al piano terra del condominio al civico 14, c’era il più classico dei bordelli, con “ragazze” reperibili sul web. In due mesi sono stati contati circa 400 clienti e l’indagine è risalita all’autunno 2016.
A tirarne le fila Qing Qing Zheng, cinese 34enne, base operativa a Treviso (con casa), da un annetto a Belluno (dove aveva un altro appoggio): qui gestiva questo centro benessere “hard”, figurando in realtà come mera dipendente. Martedì il Tuina è finito sotto sequestro e la Zheng in carcere: la prima sezione della squadra mobile diretta da Maurizio Miscioscia, con l’operazione “Cin Cin”, ha eseguito l’ordinanza chiesta dal pm Simone Marcon e disposta dal gip. L’accusa per la donna è sia di esercizio di una casa di prostituzione, che include anche il favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, e sia di autoriciclaggio: la Zheng (che sarà interrogata lunedì) secondo le ricostruzioni della polizia, aveva messo in piedi un sistema col quale “lavava” da sola i soldi dell’“affaire”, con prestanome sui conti dei quali faceva transitare il denaro degli incassi hard e in nero, per poi accreditarli nelle banche in Cina.
Attualmente a Belluno non figurano altri indagati ma gli accertamenti riguardano i prestanome, anche quelli usati per l’affitto del locale. I titolari della locazione cambiavano e la stessa ditta ha mutato proprietà tre volte in otto mesi. E poi le banche dove erano stati aperti i conti.
Su internet la polizia si è vista comparire l’esercizio Centro massaggi Tuina di Zhuang Kelan, relativamente al quale veniva pubblicizzata in maniera esplicita l’offerta di prestazioni sessuali da parte di donne di origine asiatica. Appostamenti e pedinamenti sono iniziati così, il via vai di clientela maschile ha confermato le ipotesi uscite dal monitoraggio del web, poi le telecamere nascoste nel Centro dalla polizia hanno certificato i sospetti. Quattro “dipendenti” pagate mille euro al mese (come dipendente di centro massaggi), orario praticamente continuato, clientela di ogni genere, bellunese (anche noti) e da fuori provincia. All’occorrenza anche Zheng si prestava: almeno il 28% dei servizi ai clienti erano suoi. Una delle ragazze aveva il maggior “onere” con il 58% di rapporti, una terza al 6%, l’8% erano massaggi “veri”.
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Non una cosa semplice risalire all’identità della cinese, però. Attorno all’attività aveva creato una rete di prestanomi scollegati dalla provincia: un intestatario per la ditta titolare del Centro, il titolare dell’utenza del centralino, oltre 10 titolari dei conti bancari e postali sui quali sono transitate le somme riconducibili all’attività del Centro. Uno degli intestatari è risultato il cuoco cinese di un ristorante sushi di Treviso. Cinque mesi di riprese interne hanno fornito prove e facce dei clienti che nel frattempo venivano ascoltati a verbale, come in questi giorni. Le quattro ragazze impiegate per l’attività (due al giorno di turno e una di queste dormiva anche nel letto del locale), invece non parlano. Sotto torchio saranno messi anche i prestanome ancora rimasti in Italia mentre alle Mobili di Venezia e Treviso e altre zone venete, saranno inviati gli atti per i reati ipotizzati su quei territori. Le intercettazioni telefoniche hanno chiuso il cerchio: la Zheng era tra l’altro in procinto di vendere l’attività e ai connazionali scettici indicava la piazza di Belluno come “tranquilla” per l’attività a luci rosse.
Aveva mire “alte”: dalle intercettazioni è emerso che era quasi sempre in auto e alla ricerca di immobili, e che voleva allargarsi, come acquistare un albergo a Mestre per 500mila euro.
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