Qualcuno ha sfruttato la sua buona fede
VENEZIA. Katia Mores andava in India ormai da diversi anni e quasi sempre da sola. «Stringeva amicizia con le persone del luogo, che è molto piccolo e si gira facilmente», precisa Daniela Bortoluzzi, «Puttaparthi è un piccolo villaggio con una piscina, diversi locali dove bere il tè o mangiare un dolce, alcuni piccoli ristoranti e negozietti di souvenir e prodotti tipici. In quel villaggio non si usa consumare alcol. Katia era una persona molto fiduciosa, credeva nel bene delle persone, quindi temo che sia caduta nelle mani di qualche malintenzionato che l'ha attirata lì approfittando della sua ingenuità».
Negli ultimi anni, proprio in quella zona, ci sono stati alcuni casi di sparizioni e omicidi, anche di turisti e seguaci del guru del villaggio. «Io e lei siamo state in India assieme nel 2007, quando Sai Baba era ancora in vita. Era una persona di grande carisma e fungeva da richiamo per migliaia di persone da tutto il mondo. Ci siamo recate nel suo ashram (il luogo residenza del guru), al cui interno ci sono molte strutture di foresteria per ospitare le diverse migliaia di devoti provenienti da tutto il mondo. Con un euro al giorno potevi fermarti, perché la filosofia del complesso è senza scopo di lucro».
La struttura è tenuta in piedi da un trust e da volontari, offre camere spartane con due o più brandine con materasso e un bagno con doccia senza acqua calda. La vita è povera e permette di entrare in pieno contatto con la propria spiritualità. Ci sono due “canteen”, cioè mense, una delle quali serve piatti indiani e l'altra piatti occidentali. Ogni canteen è suddivisa in due parti, in quanto donne e uomini mangiano separati, così come rigorosamente separati si resta seduti a terra nel Mandir, cioè il tempio, assiepati nell'attesa del darshan, l'apparizione quotidiana del guru. «Il tutto in rigorosissimo silenzio».
Il nome dell’ashram è Prasanthi Nilayam, che significa “luogo di pace assoluta”. «Io ho scoperto di Sai Baba tanti anni fa leggendo un articolo sul giornale dove era fotografato con i Beatles e ne sono rimasta affascinata. Solo dopo molti anni sono riuscita a fare finalmente questo viaggio che tanto desideravo. Io assistevo, ma Katia so che partecipava attivamente alla vita della comunità, svolgendo spesso servizio volontario nelle cucine, dove faceva la lavapiatti. A volte anche per tre, o sei mesi. So che ha pianto molto perché era spesso vittima di ostruzionismo». Perché donna, perché occidentale. Perché troppo buona per mettersi a replicare. (f.v.)
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