Quattro indagati per la frana di Alverà. La Procura: la tragedia si poteva evitare

Avviso di chiusura indagini per D’Agostini, Franceschi, Verocai e Zardini Lacedelli. L’ipotesi è omicidio colposo

cortina

Quella tragedia, secondo la Procura, si poteva evitare. Magari con un dispositivo simile a quello di Acquabona o, ancora, con cartelli specifici per avvisare del potenziale pericolo. La Procura di Belluno ha chiuso le indagini preliminari per la morte di Carla Catturani, travolta il 4 agosto dello scorso anno dalla frana di Alverà: nel registro degli indagati figurano i nomi di Sandro D’Agostini, a lungo referente per il Bellunese di Veneto Strade, dell’ex sindaco di Cortina Andrea Franceschi e del suo ex assessore Stefano Verocai, insieme al responsabile dell’ufficio Lavori pubblici del Comune di Cortina Stefano Zardini Lacedelli. L’ipotesi è di omicidio colposo.



A poco meno di un anno di distanza dalla tragedia, la Procura ritiene di aver raccolto elementi sufficienti per formulare la sua ipotesi: quella tragedia poteva essere in qualche modo evitata. Da qui l’avviso di chiusura delle indagini che dà tempo agli indagati e ai loro difensori di prendere le contromisure. La morte di Carla Catturani poteva essere evitata? Se sì, come? Queste le domande a cui la Procura ha cercato di rispondere. Partendo da un presupposto: la situazione di Alverà era completamente diversa da quella di Cancia. L’esondazione del torrente Bigontina, che con la sua furia ha trascinato con sé l’auto a bordo della quale viaggiava Carla Catturani mentre si trovava sul ponte sulla strada regionale 48, fu un evento quasi inevitabile. Per scongiurare che la frana staccatasi dalla Porta del Cristallo provocasse l’esondazione del torrente e che acqua e massi travolgessero tutto, sarebbero stati necessari interventi di enorme portata. Il nubifragio che causò la frana però è un evento meteorologico ormai sempre più frequente anche sulle Dolomiti. Le “bombe d’acqua”, termine per nulla scientifico ma che evoca la forza distruttrice di questo tipo di fenomeni, sono ormai qualcosa con cui tutti, dai cittadini alle amministrazioni, devono fare i conti.



Il focus, secondo la Procura di Belluno, non sono quindi le azioni messe in campo per evitare o meno l’esondazione del Bigontina ma quelle che avrebbero dovuto essere effettuate per impedire ai cittadini di trovarsi in una situazione di pericolo transitando sulla strada proprio in quel momento. Le possibilità erano diverse. Dalla costruzione di una centrale di rilevamento dei movimenti a monte in grado di interdire il transito delle persone (sul modello Acquabona) al posizionamento di cartelli per vietare il transito in caso di pericolo. O l’installazione di un impianto di illuminazione che permettesse di leggere quei cartelli o anche solo di osservare la situazione nei dintorni.



Sulla base di questi presupposti è partito l’avviso di chiusura indagini, con diverse responsabilità, per l’ex dirigente di Veneto Strade, per una parte dell’ex giunta e per il dirigente comunale. Da notare come quasi tutti non fossero in carica al momento della tragedia. L’ingegnere aveva lasciato pochi mesi prima il ruolo che aveva a lungo ricoperto. Franceschi non era più sindaco da tempo e Cortina, prima di cedere il timone all’attuale amministrazione, era stata nel frattempo amministrata dal commissario straordinario Carlo De Rogatis. —

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