Quelle strane luci di notte nel garage

Esposto di Elvo Zornitta contro il pool antimostro: «Erano gli investigatori. Voglio sapere se avevano il mandato, ma nessuno mi risponde»
Elvio Zornitta
Elvio Zornitta
BELLUNO.
C'è un nuovo fatto sul quale l'ingegnere bellunese di Azzano Decimo, Elvo Zornitta, chiede chiarimenti alla magistratura. Un fatto avvenuto quando il cerchio del pool di investigatori anti-Unabomber si stava sempre più stringendo attorno all'ingegnere. Ne è venuto a conoscenza lui stesso attraverso la confidenza di un suo concittadino. Per diverse notti, tra il 2005 e il 2006, attorno al suo capanno, dove gli investigatori sospettavano che Zornitta confezionasse gli ordigni esplosivi (accusa sempre respinta dall'ingegnere che sostiene che era solo il suo rifugio dove si dedicava all'hobby del bricolage), due suoi concittadini notarono dei movimenti strani. Persone che con piccole torce elettriche armeggiavano attorno al capanno. Uno dei due concittadini, che deteneva un'arma in casa, una sera, insospettito da quel continuo e strano via-vai, sparò un colpo in aria credendo che fossero ladri.


In realtà erano alcuni uomini del pool anti-Unabomber. Ad intervenire e a tranquillizzare i due cittadini di Azzano fu un maresciallo dell'Arma dei carabinieri che spiegò che non c'era nulla da temere. «È tutto ok, non preoccupatevi. Quelli sono colleghi. Ma mi raccomando non dite nulla in paese né tanto meno a Zornitta». Un invito a tacere per questioni di riservatezza nell'indagine.


Ora Zornitta, dopo i sospetti innescati dalla presunta modifica del lamierino di un ordigno inesploso, vuole sapere se quel continuo via-vai di notte attorno al suo laboratorio fosse stato autorizzato dall'autorità giudiziaria. L'ingegnere è venuto a conoscenza di ciò solo dopo essere stato avvicinato da un suo concittadino, testimone del fatto, nei giorni successivi al can-can mediatico della presunta manomissione del lamierino, per il quale ora è sotto inchiesta il poliziotto, l'esperto balistico Ezio Zernar. Un periodo che, soprattutto dal punto di vista emotivo, vedeva l'ingegnere nei panni della vittima di una macchinazione. «Ti hanno avvertito della notte della fucilata?»: con queste parole il suo concittadino lo fermò per strada, raccontandogli il fatto.


Un episodio che l'ingegnere bellunese, dopo aver ottenuto altri riscontri, attraverso i suoi legali, ha reso noto con un esposto alla procura di Pordenone. Un esposto col quale la difesa di Zornitta vuole capire se gli uomini del pool anti-Unabomber si trovassero attorno e dentro al capanno su precisa disposizione della magistratura, ossia con l'avallo sia della procura della Repubblica che del giudice delle indagini preliminari.


Stando a quanto s'è appreso la procura della Repubblica di Pordenone ha aperto un fascicolo e avviato un'indagine. Un'indagine che si è conclusa rapidamente con la richiesta di archiviazione da parte del sostituto procuratore. Ma il giudice delle indagini preliminari, che si è riservato la decisione, non ha ancora disposto l'archiviazione. L'ingegnere bellunese vuole sapere se il via-vai di notte dal suo capanno, a indagine in corso, fosse stato autorizzato dalla magistratura. In tal caso Zornitta ha tutto il diritto di avere almeno la possibilità di visionare gli atti che autorizzarono quegli appostamenti e quelle ispezioni all'interno del suo capanno. Per il momento l'inchiesta è ancora aperta, almeno fino a quando il gip non deciderà di sciogliere la riserva che dura da oltre due mesi. Ma Zornitta rivendica il diritto di vedere le carte che autorizzavano appostamenti e ispezioni nel capanno. Ed il tempo che passa, senza alcun responso, non contribuisce a rasserenarlo. Anzi, alimenta sospetti in un caso con tanti lati oscuri.

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