«Qui ci metto la mia faccia da bellunese»

Il nuovo dg Faronato precisa gli obiettivi da perseguire. Dopo la visita all’ospedale cittadino, presto incontrerà i sindaci
Di Paola Dall’anese
Il nuovo direttore ulss pietro paolo faronato
Il nuovo direttore ulss pietro paolo faronato

BELLUNO. Di essere nominato direttore generale non se l’aspettava e ancora meno di esserlo di un’azienda sanitaria bellunese. La sfida quindi acquista un sapore diverso: «Questa è un’esperienza importante e doppiamente impegnativa perché ci metto la mia faccia da bellunese», dice nel primo giorno da dg all’Usl n. 1 Pietro Paolo Faronato, insediatosi ieri ufficialmente in via Feltre.

E poi aggiunge: «Non è certo l’Usl più facile che mi poteva capitare, ma sono sicuro che dalla mia parte avrò il grande senso di comunità della gente bellunese, una rete di volontariato attiva e una classe professionale di assoluta levatura, competenza e valore».

Il nuovo direttore non è tipo da abbattersi e così, dopo la piacevole sorpresa della nomina, è passato subito all’opera. Ieri c’è stata la prima riunione con gli altri tre direttori, che scadranno a marzo. Ma il lavoro è partito già il giorno di Capodanno con la visita all’ospedale di Belluno. «Sono passato a fare gli auguri. E ho trovato un ospedale pulito, ordinato, efficiente. Tra questa e la prossima settimana, inoltre, intendo visitare tutte le strutture ospedaliere dell’azienda e incontrare i primi cittadini, l’esecutivo della Conferenza dei sindaci e i professionisti per iniziare a programmare. La mia sarà una presenza continua, la direzione generale avrà sempre le porte aperte per tutti coloro che avranno qualcosa da comunicare e intendo i dipendenti, i professionisti e i portatori di interesse».

I problemi di questa Usl sono molti. Tra questi il rischio di ridimensionamento degli ospedali di Pieve di Cadore e Agordo.

«Quali e quanti saranno gli ospedali dell'Usl non lo dicono i direttori generali, ma la programmazione veneta. Il mio compito però è quello di leggere la realtà, che credo di conoscere perché stiamo parlando della mia gente, e mettere chi deve decidere nelle condizioni di fare la scelta migliore».

Quindi farà presente che questo è un territorio disagiato e che le strutture ospedaliere sono necessarie?

«Uno dei principi che regola il sistema sanitario nazionale è quello di equità. Ogni cittadino deve avere la stessa opzione di salute da qualunque parte si trovi. Ma a maggior ragione chi è distante dai centri di eccellenza non deve essere penalizzato. Mio compito è quello di garantire gli strumenti perché tutti abbiano servizi di buona qualità. Importante è che ci sia il servizio ma anche che i professionisti abbiano e possano avere le competenze necessarie per mantenere servizi di qualità. Dobbiamo distinguere quelli con notevole frequenza e le situazioni rare: tanto più un servizio è frequentato tanto più deve essere vicino ai cittadini».

Parlando di frequenza di servizi, uno dei problemi è il punto nascita di Pieve di Cadore che non raggiunge i 100 parti all’anno e che rischia la chiusura viste anche le direttive ministeriali in materia.

«Le direttive ministeriali sono necessarie per garantire un parto in sicurezza, che è più importante che partorire vicino a casa. Bisogna su questo punto ragionare con le comunità. Comunque, poi, le linee guida sono delle indicazioni che possono essere derogate in particolari casi. Oppure si può pensare a un modello in cui il centro, che è uno, eroga i servizi su più punti».

I bellunesi lamentano anche l’assenza di un'emodinamica h24. Cosa pensa di fare?

«Che a Belluno ci debba essere un servizio di emodinamica non c’è dubbio, poi bisogna vedere se h12 o h24. Per ora sarebbe già importante avere un servizio consolidato h12 sette giorni su sette. Cosa che ancora non c’è».

Ma il vero tallone d'Achille dell'Usl è la carenza di risorse per mandare avanti una struttura complessa come quella attuale.

«Le risorse crescono meno dei bisogni. Ma qualsiasi organizzazione non può spendere più di quello che guadagna, il pareggio di bilancio è eticamente e socialmente doveroso anche in sanità. L’impegno mio è che ogni euro assegnato sia speso bene con percorsi appropriati. La sfida è l’equilibrio tra le risorse non infinite e le necessità della popolazione per questo siamo chiamati a rivedere tutti i sistemi organizzativi. Dobbiamo fare rete. Ad esempio gli uffici postali che chiudono potrebbero diventare un centro per fare degli esami come le farmacie, cioè una struttura potrebbe essere utilizzata anche per altri scopi. Se distribuiamo il carico possiamo dare servizi anche in periferia. Dobbiamo cioè rendere più accessibili i servizi, magari telematizzando la trasmissione dei dati, le prenotazioni delle visite, le dimissioni protette, potenziando le attività sul territorio».

C'è poi il nodo delle liste d’attesa.

«È una sfida importante che si gioca sui rapporti tra domanda e offerta. L’offerta va qualificata, e la domanda va resa appropriata anche con l’aiuto dei medici di base. Ognuno dovrà fare la sua parte e anche il cittadino dovrà impegnarsi a seguire uno stile di vita e un comportamento adeguati».

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