«Raccogliere il latte da noi costa di più»
CESIOMAGGIORE. È un’impresa autenticamente “made in Italy”, Lattebusche, dove l’anzianità di sessant’anni di servizio e missione è solo un valore aggiunto per la capacità di rimanere sul mercato. Ma la chiusura delle piccole stalle, le richieste di aiuto da parte degli allevatori, l’abbandono degli appezzamenti marginali, sullo sfondo di una globalizzazione di prodotto sempre più spinta, sono elementi non sottaciuti dai vertici del consiglio di amministrazione. Il presidente Augusto Guerriero e il direttore Antonio Bortoli, ieri alla cerimonia per i sessant’anni dalla posa della prima pietra dello stabilimento di Busche, lo hanno detto chiaramente. «Rispetto ai nostri competitori della pianura paghiamo dazio in maniera pesante», ha detto Bortoli che ha ripercorso la storia di un’impresa.
«Le richieste di aiuto aumentano e del resto noi, pur pagando il latte ai soci su valori ben superiori a quello medio, di più non possiamo fare se vogliamo restare sul mercato», ha detto il direttore Bortoli che ha elencato tutti i punti di forza dell’azienda ma anche le preoccupazioni dovute alla globalizzazione. «Le maggiori quantità prodotte a livello globale sono reali. I consumi non sempre, invece, e solo in continenti lontani. Le aziende come la nostra possono occupare nicchie con alta marginalità e cogliere le opportunità all’estero per prodotti altamente qualificati come il Piave».
Dai vertici del cda si è ribadito comunque come Lattebusche sia un’azienda sana e «rivolta a forti investimenti nella produzione negli stabilimenti di Busche, Chioggia e Camazzole per nuovi prodotti che partiranno nel secondo semestre di quest’anno. E inoltre nei punti vendita di Rovolon e Sandrigo che saranno rimessi a nuovo».
Non si è nascosta, però, la problematicità dell’operare a livello locale. «Per condizioni morfologiche del territorio ma anche per una viabilità non agevole subiamo costi di raccolta del latte doppi che in alta montagna sono sei volte superiori, costi di avvicinamento ai mercati che sono estremamente elevati e costi di smaltimento non comparabili».
Dalla parte di una cooperativa nata 63 anni fa, c’è però un ritorno da parte delle istituzioni che sostengono l’impresa. Lo ha detto il presidente Guerriero che non ha mancato di sottolineare la missione di Lattebusche: «Lo scopo mutualistico della cooperativa, animata dal senso di appartenenza dei soci e della comunità, si è accompagnato al welfare e alla salvaguardia della montagna. Per un prodotto di alta qualità che incarna il vero made in Italy».
Laura Milano
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