Rapina inventata: si mette nei guai

Un uomo di Danta farà del volontariato per simulazione di reato
SAN NICOLÒ COMELICO. La rapina non c’è mai stata. I tre romeni armati erano solo nella sua fantasia. Un uomo di Danta è finito a processo per simulazione di reato e ieri ha ottenuto la sospensione del procedimento per messa alla prova. Il difensore Simona Ianese gli risolverà il problema con 150 ore di lavori di pubblica utilità, non si sa ancora di preciso dove, ma è soltanto questione di tempi dell’Ufficio per l’esecuzione penale esterna di Venezia.


Secondo la ricostruzione, nell’agosto dell’anno scorso, l’imputato ha presentato una denuncia ai carabinieri di Santo Stefano, nella quale ha raccontato di aver visto sfanalare l’auto che lo seguiva lungo la Carnica, a Campitello, e di essersi fermato, pensando che qualcuno avesse bisogno di aiuto. Una volta sceso dall’auto, l’uomo si sarebbe trovato di fronte tre banditi armati di coltello, che gli avrebbero intimato di consegnare il portafogli, poi restituito senza il denaro contenuto (circa 130 euro). Il fatto sarebbe avvenuto di sabato sera, ma invece di lanciare subito l’allarme ai carabinieri, permettendo loro di attivare il piano antirapina che prevede varie azioni tra le quali il blocco dei passi dolomitici, l’uomo ha sporto denuncia un paio di giorni dopo, lunedì sera, oltre a scriverlo sul suo profilo Facebook.


I carabinieri della Compagnia di Cortina si sono subito attivati con indagini a tappeto, partendo dal numero di targa fornito dalla vittima: tre numeri e due lettere di una targa romena, ma la verifica non ha dato riscontri perché le targhe di quel Paese hanno due lettere che indicano la provenienza del veicolo, seguite da una combinazione alfanumerica, in genere composta da due numeri e altre tre lettere. I militari hanno anche contattato il centro di cooperazione Romania-Italia, provando a fare delle ricerche incrociate, ma senza esito, nemmeno provando ad associare il modello dell’auto segnalata (una Bmw di colore nero) con la targa data o con degli elementi simili.


L’auto descritta, inoltre, non è mai stata notata in zona né risulta associata a reati commessi qui o altrove. Una delle ipotesi è che la targa non fosse vera, ma non si escludevano anche altri risvolti. A distanza di tempo, è emerso che la presunta vittima si era inventata tutto e non si sa perché. Tutto questo gli è costato un’imputazione di simulazione di reato. Nell’udienza preliminare di ieri mattina, il difensore ha chiesto e ottenuto la messa alla prova.


Gigi Sosso


Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi