«Rapito per errore, picchiato e la prima sera anche drogato»
SEDICO. Rapito per sbaglio. Danilo Calonego non era mai entrato nei dettagli del suo sequestro, se non con le autorità italiane. Ma a distanza di tempo è in grado di rivelare che il vero obiettivo del rapimento non era lui: «Puntavano al manager della Conicos, Aldo Becchio, che in qualche maniera è scampato all’agguato. Ma nella vicenda sono rimasto coinvolto io e ho vissuto un’esperienza terribile. La mia prigionia è cominciata con una costola rotta, dal momento che sono stato trattato come un sacco di patate e forse anche della droga, perché quella notte credo di aver visto la Madonna. Ed è proseguiva con un secchio di acqua per la pulizia personale e una buca per fare i bisogni fisiologici».
Calonego vive in Marocco con la moglie Melika e le figlie, ma torna spesso in Italia. Conosce bene il modo arabo, dopo tanti anni in Africa, ma giura che non tornerà più in Libia. I primi momenti del sequestro? «Se non provi una cosa del genere, non puoi assolutamente crederci. Quando ci hanno presi, siamo stati avvolti in dei foulard in seta da Tuareg e privati dei telefonini. Siamo stati caricati su un fuoristrada scoperto, con tre persone armate davanti (uno si chiamava Boric) e noi nel cassone, bendati e legati come salami. Quando siamo stati fatti scendere, uno di loro mi ha chiesto di pregare l’Islam, cosa che ho fatto in italiano e non in arabo. L’ho anche sfidato, del resto pensavo di non avere niente da perdere, in quanto ero convinto che ci avrebbero ammazzato e allora tanto valeva prendersi qualche soddisfazione».
In quei momenti, cosa si prova? «Prima c’è una grande paura, poi subentra un senso di rassegnazione e pensi che, prima o poi, qualcuno ti ucciderà. Ho cercato di tenere su di morale i miei compagni di sventura e questo ci ha aiutato a superare i momenti più critici. Devo aggiungere che questi sapevano tutto di me. Erano a conoscenza del fatto che aveva sposato una donna marocchina, ad esempio, e questo nessuno gliel’aveva mai detto. Meno male che ce l’abbiamo fatta e adesso vorrei solo un po’ più di considerazione da parte dell’Italia. Non chiedo altro». —
G.S.
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