Referendum autonomia, in Veneto più di due milioni di sì
VENEZIA. Luca Zaia vince la scommessa dell'autonomia, e adesso si siederà con il mandato popolare del referendum al tavolo con lo Stato, per chiedere maggiori poteri in 23 materie, e le conseguenti risorse fiscali.
«Penso che con questa elezione - ha detto Zaia - si dimostri che non esiste il 'partito dell'autonomià, ma esistono i veneti che si esprimono a favore di questo concetto».
«Vincono i veneti - ha aggiunto - il senso civico dei veneti del 'paroni a casa nostrà. Nell'alveo della Costituzione si possono fare le riforme».
Una vittoria senza margini di dubbio quella del governatore leghista, che con oltre il 57% di affluenza - ben oltre il quorum del 50%+ uno - ha trascinato anche la Lombardia nel successo autonomista. Il quorum, vigente solo in Veneto per statuto, era il vero target di Zaia. Se non avesse avvicinato il 60% dei votanti - manca ancora lo scrutinio dei voti espressi, ma la vittoria del Sì è data per scontata - Zaia avrebbe «buttato tutto nel cestino».
Non si sarebbe in ogni caso dimesso, ma avrebbe mancato l'investitura popolare forte, e la partita autonomista si sarebbe giocoforza annacquata. Invece il politico trevigiano, vero recordman di preferenze - è stato eletto presidente con il 60% nel 2010, riconfermato con il 50,4% nel 2015 - ha fatto ancora strike.
Le province a trazione leghista, Vicenza, Padova, Treviso, e anche Verona, si sono recate alle urne in gran numero, superando nell'affluenza anche recenti referendum nazionali. Il dato è stato inferiore solo al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che aveva registrato in Veneto il 76,7% dei votanti.
«Noi chiediamo tutte le 23 materie, lo dico subito, e i nove decimi delle tasse» ha puntualizzato Zaia a urne ancora calde, annunciando che già domani porterà in Giunta regionale la delibera-quadro (pronta da tempo), per avviare, una volta ottenuta l'approvazione dell'assemblea veneta, la trattativa con lo Stato. «Diventerà il nostro contratto che proporremo al Governo» ha aggiunto Zaia, ammonendo: «Io credo che a Roma si rendano conto di quello che sta avvenendo».
Il primo a rispondergli è stato uno dei suoi maggiori oppositori nel Governo, il sottosegretario Gianclaudio Bressa, che ha sempre sostenuto «l'inutilità» dei referendum, dato che il tavolo sul «regionalismo differenziato» si può aprire semplicemente i sensi dell'art. 116 della Costituzione. «L'esito del referendum in Lombardia e Veneto - ha detto Bressa - conferma l'importante richiesta di maggiore autonomia per le rispettive regioni. Il governo, come ha sempre dichiarato anche prima del voto di oggi, è pronto ad avviare una trattativa». Tempo pochi giorni, quindi e il Veneto, probabilmente in accordo con la Lombardia, avvierà l'iter formale per il negoziato sulle 20 materie concorrenti (tra queste spiccano il coordinamento della finanza pubblica e tributario, lavoro, energia, infrastrutture e protezione civile) e in tre esclusive dello Stato: giustizia di pace, istruzione e tutela dell'ambiente e dei beni culturali. L'intesa tra lo Stato e la Regione interessata dovrà poi concretizzarsi in una proposta di legge che dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere.
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