Referendum, scontro alla cerimonia partigiana

A Pian de le Femene contestate le parole di Gino Sperandio, presidente Anpi: duro attacco alle riforme di Renzi, repliche degli amministratori presenti
Ferrazza Revine Pian de femene raduno partigiani
Ferrazza Revine Pian de femene raduno partigiani

PIAN DE LE FEMENE. «Chiedo scusa a chi non la pensa come me». Ma le scuse di Gino Sperandio, presidente dell'Anpi, al termine della sua arringa contro le riforme Renzi, non sono bastate a sedare il dissenso di quanti, fra i partecipanti al raduno partigiano di Pian de le Femene, ritiene, invece, che la revisione della seconda parte della Costituzione sia compatibile con la democrazia e la libertà per cui hanno combattuto su queste montagne i resistenti.

«Qui non si fa politica - ha protestato Elvi Sommacal, ex sindaco di Limana -. Il tuo, caro Sperandio, non è stato un intervento istituzionale, ma politico». «E fino a prova contraria - ha insistito da Follina, un altro ex sindaco, Renzo Tonin - l'Anpi non è ancora un partito».

Ieri, dunque, sulla montagna al confine tra Limana e Revine è stato vissuto, in anticipo, il clima rovente della campagna referendaria, come, ad esempio, accadrà l'11 settembre sulla Piana del Cansiglio. A lato del museo della Resistenza, l'unico del genere in Veneto, si sono riuniti gli ex partigiani e quanti, fra l'Anpi e l'Avl, portano avanti la memoria dei sacrifici con cui i resistenti delle formazioni Tolot e Mazzini hanno combattuto sulla Pedemontana e fino al Cansiglio.

Ferrazza Revine Pian de femene raduno partigiani
Ferrazza Revine Pian de femene raduno partigiani

Ma era ovvio che le polemiche sulle riforme ed il referendum prendessero il sopravvento anche in questa sede. «Siamo ancorati alla memoria di questo glorioso passato», ma «per guardare al futuro, per rendere questo Paese più governabile», ha affermato Edi Fontana, vicesindaco di Limana, dopo aver ribadito un rotondo no contro il negazionismo ed il revisionismo nei confronti della resistenza, lamentando che gli italiani, in materia, sono «troppo smemorati» e sollecitando a «respingere l'indifferenza e la rassegnazione», per battersi, invece, nel riscatto che può maturare dalle riforme.

Sperandio ha colto la palla al balzo per invitare ad «entrare nel merito» delle riforme, perché in questo modo si scoprirebbe che quel «potere al popolo» per cui hanno combattuto i partigiani viene di fatto ristretto da Renzi, poiché taglia le autonomie locali. La stessa riforma elettorale è inaccettabile da questo punto di vista. Il presidente dell'Anpi di Belluno ha bocciato tutte le recenti innovazioni costituzionali che sono state approvate a colpi di maggioranza. Quindi - ha insistito -, per favore basta slogan sulle riforme; si arrivi, invece, ad un dibattito approfondito e condiviso.

«Con preoccupazione, noi dell'Anpi, constatiamo che i grandi potentati economici ci danno consigli su come gli italiani dovrebbero comportarsi. Ma noi partigiani lo sappiamo bene». Ripetutamente il presidente ha precisato di parlare non a titolo personale ma istituzionale ed ha rivendicato, al tempo stesso, il diritto di poter presentare "con nettezza" le nostre posizioni. Ma non tutti, dentro l'Anpi, sono allineati e coperti. C'è anche chi, in provincia di Belluno, ha restituito la tessera.

«Uno solo - puntualizza Sperandio - e siamo convinti che ci ripenserà». Gli ex sindaci Sommacal e Tonin non sono stati i soli a dissentire, conclusa la cerimonia. «La libertà di pensiero è garantita anche dentro l'Anpi, ci mancherebbe (saremmo in contraddizione con la nostra storia) - hanno spiegato Sperandio e Umberto Lorenzoni, presidente Anpi di Treviso, nel serrato confronto svoltosi ai piedi del monumento che ricorda la resistenza al femminile -, ma dopo due anni di dibattito ed un congresso che ha sancito quasi all'unanimità, con sole 3 astensioni, la nostra contrarietà alle riforme e, quindi, il no al referendum, non permetteremo a nessuno degli iscritti di fare propaganda per il sì. Chi lo farà, sarà fuori dell'Anpi. Senza bisogno che ci siano espulsioni da parte nostra».

La signora Carla ha interloquito vivacemente con Lorenzoni, rivendicando la propria autonomia. Ma questi le ha risposto: «Come fai a difendere una Costituzione che è peggiore di quella proposta da Berlusconi?». La diatriba, quasi feroce, si è però ricomposta con un bacio, «come si fa tra partigiani».

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