Referendum separatista a Belluno: «Speriamo in un voto unanime»
Alla vigilia del consiglio decisivo, il Comitato promotore spiega il quesito
BELLUNO.
Sono ore di attesa per il Comitato promotore del referendum provinciale. Hanno raccolto quasi 18 mila firme, hanno lavorato per oltre un anno con pazienza e diplomazia per evitare fratture con il mondo politico locale e adesso devono solo aspettare martedì, quando il consiglio provinciale si pronuncerà sul referendum. Il sì è quasi scontato, ma l'apprensione non manca: «Ci auguriamo che i consiglieri votino tutti a favore», dice il sociologo Diego Cason, che è un po' l'ideologo del gruppo. «Noi speriamo in un voto unanime, anche da parte di chi non è d'accordo con l'oggetto del referendum, perché poi ognuno sarà libero di fare campagna elettorale per il sì o per il no». Il Comitato vuole un referendum: «Che non divida i cittadini, è l'ultima cosa di cui c'è bisogno». Ma cosa succederà il giorno dopo il consiglio? Se vincerà il sì, l'ente Provincia dovrà avviare l'iter, inviando il pronunciamento dell'assemblea al ministero dell'interno con la richiesta di indizione del referendum, in teoria entro sei mesi, ma le incertezze formali sono tante. «Stiamo parlando di un referendum atipico», continua Cason, «perché, anche se è previsto dall'art. 132 della Costituzione, non si è mai svolto in questi termini. La prassi va inventata». Il ministro poi trasferisce il plico alla Cassazione, che verifica l'ammissibilità del quesito e, se la risposta è positiva, si attende il decreto del presidente della Repubblica che indice il referendum nel giorno ritenuto più opportuno. Il referendum ha successo se raggiunge il quorum: i sì devono essere il 50% più uno degli aventi diritto al voto (non semplicemente dei votanti). Il Comitato spera che venga permesso il voto nelle ambasciate ai residenti all'estero e auspica la scelta di una data in abbinamento con un'altra elezione, le politiche se ci saranno o il referendum sull'acqua. Ma perché fare un referendum per chiedere il distacco della provincia di Belluno dal Veneto e l'annessione alla Regione Trentino Alto Adige? Cason cita l'analisi dell'ultimo rapporto Censis: «In Italia ma anche a Belluno, c'è una rassegnazione cinica che ha raggiunto un limite inaccettabile. Per questo motivo un gruppo di cittadini ha deciso di investire il proprio tempo in una "missione impossibile", come la definite voi, ma impossibile non è», dice con fermezza il sociologo bellunese. «E' difficile ma non impossibile, gli ostacoli non sono insuperabili». Non lo sono nemmeno i trattati internazionali che blindano l'autonomia di Bolzano: «Quella Regione è totalmente diversa da tutte le altre e ospita due Province che hanno, tra loro, statuti diversi. La Provincia di Belluno entrerebbe con un suo statuto differente. Noi non chiediamo le loro stesse condizioni e non chiediamo nemmeno la redistribuzione delle loro risorse o loro autonomia finanziaria, non è necessaria, perché a noi basterebbe che lo Stato ci desse gli stessi soldi che ci dà oggi, ma con l'autonomia di spenderli come e dove vogliamo noi». Cason ribadisce che il referendum non è contro Venezia: «La Regione Veneto fa quello che è normale, non può darci di più, ma questo ci demolisce e dobbiamo cercare soluzioni. Il nostro non è un movimento secessionista; noi ce ne dobbiamo andare e entrare in una Regione "inesistente" è la soluzione meno dolorosa e difficile». Insomma, Trento e Bolzano non devono sentirsi minacciati, perché il referendum bellunese: «Non disturba i loro equilibri istituzionali, nè etnici, nè le risorse. Ci serve solo un contenitore dove esercitare l'autonomia amministrativa adeguata al nostro territorio. Dove sta l'impossibile?», chiede Cason. Ma perché non chiedere direttamente l'autonomia? «Non riteniamo di avere sufficiente forza e rappresentanza». E ancora: saremo davvero in grado di autogovernarci? «Se la politica nazionale avrà la capacità di affrontare la questione bellunese come la noi la poniamo, ce la faremo. Abbiamo 22 mila giovani sotto i 18 anni», ricorda Cason, «siamo costretti a essere fiduciosi, per dar loro un futuro qui». Consapevole delle difficoltà e del senso di sfiducia sempre più diffuso, Cason in nome del Comitato usa parole incoraggianti con il sorriso sereno di chi non ha paura: «Una comunità ha bisogno di progettare il proprio futuro con fiducia, bisogna abbandonare il nichilismo che porta solo rassegnazione. Io non sono mai stato autonomista, ma la voglia di provarci è un elemento positivo che va accudito, protetto e diffuso. Se martedì ci sarà un voto unanime, vorrà dire che l'amministrazione provinciale ha ragionato su tutte queste cose e ne ha tratto l'insegnamento che guiderà il voto dei consiglieri». Nel frattempo in Provincia si lavora affinché tutto, martedì, sia perfetto. La delibera è praticamente pronta, ma non ancora, perché si aspetta l'ultimo parere di un esperto costituzionalista, voluto dal presidente del consiglio provinciale Stefano Ghezze: «Non c'è nulla di preoccupante», dice Ghezze, «ma ci tengo a fare le cose nel migliore dei modi». Il consiglio verrà trasmesso in diretta su Telebelluno, ma potrà anche essere seguito dalla Sala Affreschi al piano terra di Palazzo Piloni».
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