Renzi: Vajont è un dolore che non passa / FOTO
LONGARONE. «Caro sindaco, Longarone oggi è anche il simbolo dell’Italia che si rialza, dell’Italia che ce la fa». Così si conclude il saluto che il sindaco di Longarone Padrin ha ricevuto dal presidente del consiglio Matteo Renzi.
Un messaggio nel giorno del 51° anniversario del disastro per esprimere la vicinanza alle comunità colpite, che il primo cittadino ha letto in pubblico nel pomeriggio di fronte al cimitero delle Vittime a Fortogna, come apertura alla commemorazione civile.
«È difficile trovare parole, anche dopo 51 anni, per un dolore che non passa» comincia la nota del presidente Renzi. «E che ritroviamo lì, ogni anno, prigioniero di quei duecentosessanta milioni di metri cubi di roccia che spazzarono via cinque paesi e uccisero 1.910 persone. Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè: nomi scolpiti nella memoria nazionale. Ma la memoria non basta. Ed è per questo motivo che Longarone e il Vajont sono stati tra i punti di partenza anche della mia campagna per le primarie. Quando ho ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti al disastro ho sentito risuonarmi dentro solo due sole parole: mai più. Longarone è un monito. Ma la memoria, dicevo, non basta e non bastano i moniti: a noi è chiesto di prevenire. Perché il sacrificio di quelle vite e di quei territori non diventi vano».
«Come sindaco – continua Renzi - e sindaco di una città che all’acqua deve molto ma che all’acqua ha anche pagato un grande tributo, sapevo che la difesa del territorio non è una priorità: è la priorità. E la stessa priorità ho mantenuto una volta al governo: di questo si occupa “Italia sicura contro il dissesto”, la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche. Ben sapendo che la tutela del territorio non può essere delegata soltanto agli “altri”, solo a chi governa ma deve essere impegno quotidiano e cura di tutti. Caro sindaco – conclude Renzi - Longarone oggi è anche il simbolo dell’Italia che si rialza, dell’Italia che ce la fa. Ed è da questo simbolo di fiducia che occorre ripartire: quello di un paese con tante ferite ancora aperte ma, coraggiosamente, in piedi».
Alle parole del presidente del consiglio sono seguite quelle del sindaco Padrin che, nel 9 ottobre che è anche “giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali”, punta l’accento contro il dramma della sicurezza del territorio, a cominciare dall’ultimo caso, quello di Refrontolo: «Genesi chiaramente diversa dal Vajont, ma fatta di superficialità e poco rispetto della natura. Non è giusto dover piangere ancora vittime innocenti che pagano il prezzo per ciò che si poteva fare e non si è fatto. Occorre mettere il rispetto verso la persona e i suoi valori al primo posto. E in questo senso Longarone non lesinerà e risparmierà sforzi per restituire la solidarietà ricevuta, né per istituzionalizzare la sciagura vissuta attraverso una collocazione sempre più vasta».
«Per quanto ci riguarda – continua il sindaco - per noi quest'anno è identico allo scorso, e lo sarà anche il prossimo e quelli di là da venire. Il 9 ottobre è la giornata della memoria, è la giornata del lutto, la giornata della riflessione. Anche per questo abbiamo deciso di svolgere questa cerimonia, che vorremmo sempre più semplice e nello stesso tempo più intensa, nel luogo dove riposano le Vittime, qui a Fortogna. Un cambio di impostazione rispetto alle annuali celebrazioni per poter stare tutti assieme a ricordare, attraverso una spiritualità assolutamente naturale. Il mio pensiero va sempre ai superstiti e ai sopravvissuti – conclude Padrin -, alle loro famiglie, a chi ha patito un dolore tremendo e ci aiuta a fare memoria. 1.910 angeli ci guardano e pregano per noi: non possiamo dimenticare».
Al termine le autorità hanno deposto una corona di fiori in onore ai caduti, e insieme ai presenti si sono raccolte intro all’altare per partecipare alla messa celebrata dal Vescovo Mons. Andrich, che ha voluto fermare la sua attenzione sui bambini, «ed in particolare su quei 487 morti nel disastro. Sono vittime del male, ma lo sono anche gli altri, quelli superstiti, che magari si sono visti portare via i genitori, parenti o amici. Il male crea differenze tra gli uomini, ed incapacità di condividere la gioia. Di fronte a tutto questo c’è la parola di Dio, che invece da sicurezza e garanzia di gioia per tutti, allo stesso modo. Così, la vita diventa sempre promessa di felicità, anche quando accadono eventi come questi che generano dolore. Noi non siamo soli, camminiamo nella speranza che quei 487 bambini vivano la gioia nella loro innocenza».
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