Riduzione dei Comuni bellunesi: per gli Artigiani è possibile

BELLUNO. Una cura dimagrante per gli enti locali bellunesi, con la riduzione dei Comuni dagli attuali 69 a 18. O addirittura a 13. È quanto prevedeva uno studio redatto cinque anni fa dall’Unione Artigiani. Dalla simulazione emergeva una riorganizzazione funzionale dei comuni bellunesi di grande portata.
Prendendo come limite minimo i 5 mila abitanti, e ipotizzando di non legittimare alchimie e alleanze meramente strumentali tra Comuni, gli accorpamenti porterebbero il numero dei Comuni a 18: tre in Agordino, cinque in Val Belluna, uno in Alpago, uno tra Longaronese e Zoldano, due in Centro Cadore, uno in Comelico, quattro nel Feltrino e uno tra Ampezzo e valle del Boite.
L'Agordino verrebbe diviso in tre blocchi (Basso Agordino, Alto Agordino, Valle del Biois). Longarone, Castellavazzo, Soverzene e lo Zoldano, che già gravitano su Longarone, formerebbero un solo comune. In Centro Cadore i due comuni graviterebbero sugli attuali centri di Pieve e di Auronzo. Il Feltrino verrebbe diviso in Basso feltrino, Feltrino occidentale, Feltre e Pedavena. Infine un unico comune nella Sinistra Piave, un altro tra Sedico e Sospirolo, un terzo tra Santa Giustina, San Gregorio e Cesiomaggiore.
Diciotto è il numero che si ottiene in base al criterio della popolazione (minimo 5 mila abitanti), ma si potrebbe fare di più, arrivando a quota tredici: in questa prospettiva, Belluno andrebbe accorpata con Ponte nelle Alpi, l'Agordino potrebbe essere diviso in due sole unità amministrative, così tutto il Centro Cadore, mentre il Feltrino, accorpando Feltre con Pedavena, arriverebbe a tre.
«Tutto questo non comprometterebbe le identità locali», sottolinea Luigi Curto, presidente dell’Unione Artigiani, che rilancia la forza di questo studio «ma contribuirebbe a ridurre l’eccessiva e intollerabile distanza tra struttura amministrativa e popolazione amministrata. Non sarebbe altro che la ratifica amministrativa di situazioni di fatto orientate da tempo in questa direzione dai comportamenti e dalla abitudini delle popolazioni residenti».
«L’idea era nata», prosegue la disamina di Curto, «guardando alla riduzione della spesa e al rafforzamento delle strutture comunali, che in alcuni casi sono talmente deboli da non riuscire a soddisfare le richieste dei cittadini in tempi celeri».
Uno studio che era stata accolto in modo scettico dalla gran parte degli amministratori locali: «Evidentemente pensavano soltanto alla difesa della propria poltrona. Ma ora tutto questo diventerà realtà. Dire che l’accorpamento dei Comuni metterebbe in pericolo cultura e tradizioni locali, è una grandissima balla».
«Io abito a Feltre», prosegue Curto, «e mi vien da sorridere quando, portando mio figlio a scuola a Pedavena, vedo quel cartello che divide due territori che di fatto non hanno alcuna discontinuità tra loro. Ma lo stesso vale per il Centro Cadore, dove ci sono sette Comuni in neppure venti chilometri, per il Comelico e per l’Agordino».
Da un imprenditore non poteva mancare un riferimento alle lungaggini burocratiche che quotidianamente le aziende si trovano ad affrontare: «Per noi è un problema trovarsi di fronte a un territorio così frammentato dal punto di vista amministrativo, con regolamenti che cambiano nel giro di pochi chilometri. Senza contare che nei piccoli Comuni i tempi della burocrazia si allungano all’infinito».
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