Rifiutata dalla madre: «Non provo rabbia»
La 29enne Luisa Velluti, nata a Montebelluna e residente a Falcade. «Non so se continuerò a cercarla, anche se resta la voglia di vederla»
FALCADE. Taglio, piega, colore. Un via vai continuo di persone. Clienti abituali, e non solo. E poi i messaggi, tantissimi. Le ultime due giornate sono state piene di emozioni per Luisa Velluti, la giovane donna nata a Montebelluna 29 anni fa, e abbandonata in ospedale quando aveva due mesi, che sta cercando la sua madre naturale. Luisa vive a Falcade da quando è stata adottata e tutto il paese le si è stretto attorno, in un abbraccio caldissimo, avvolgente. Una solidarietà che ha stupito la stessa Luisa, che di mestiere fa la parrucchiera nel salone gestito dai suoi genitori adottivi. Meglio, dalla sua vera famiglia.
Luisa ha cercato la madre naturale, ha completato l’iter di legge con il Tribunale dei minori (possibile dal compimento del 25esimo anno di età) ed è andata in televisione, a Chi l’ha visto, per rintracciare la donna. Ancora niente, fino a dieci giorni fa, quando il postino le ha consegnato una lettera. Il suo nome era scritto a mano sulla busta. All’interno c’era una lettera, scritta a computer. Nessuna firma, ma parole pesanti, dolorose: «Luisa, non ho scelto io di chiamarti così. Non ho nemmeno scelto di averti, per me sei solo la più dolorosa ferita che ho avuto a 18 anni. Tutto sognavo e tutto potevo sperare, ma non certo la violenza che ho subito e di cui tu sei simbolo». Ma Luisa, nonostante tutto, al telefono racconta con serenità quello che sta vivendo. «La giornata è stata abbastanza tranquilla, ieri (
venerdì per chi legge
) invece è stata di fuoco. Sono venute tante persone al salone, è stato bello avere la vicinanza della gente, ci fanno da supporto morale».
Nelle sue parole c’è sempre un riferimento alla sua famiglia. Non le piace chiamarla “adottiva”: «Loro sono la mia vera famiglia», aggiunge. Anche ieri al salone in cui Luisa Velluti lavora come parrucchiera sono stati in tanti ad avvicinarsi per abbracciarla, per dimostrarle quell’affetto che una comunità di montagna sa dare. «Sono arrivate persone un po’ da tutti i paesi», continua Luisa. «Ho ricevuto messaggi anche da gente che non conosco. Non pensavo di ricevere tutta questa solidarietà, è un bel supporto emotivo». Ma come si affrontano parole come quelle scritte in quella lettera anonima? «Si cerca di non pensarci, anche se non mi aspettavo le parole che ho letto. Certo, si tratta di una lettera anonima, e spero sempre si sia trattato di uno scherzo, ma ho la sensazione che sia stata lei a scriverla».
Luisa non sa ancora se continuerà a cercare la sua madre naturale: «Non ho ancora deciso», confessa. «Ma non sono arrabbiata. La voglia di vederla c’è sempre, nonostante tutto. Se venisse in negozio le direi: “Hai cambiato idea?”». Ciò non significa che non abbia sofferto: «Cerco di non pensarci, ho il mio lavoro, le mie clienti, che mi sono vicine», conclude. «Ogni tanto vengono in mente quelle parole, specie le prime righe. Ma cerco di non pensarci».
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