Rifugi, inverno difficile: «I ristori? Quasi inutili, l’indotto rischia grosso»
CORTINA
«Se chiudono lo sci per tutta la stagione? Noi comunque apriamo, senz’altro a Natale, forse anche all’Immacolata. Meglio ancora se dovessero consentire alle funivie di funzionare, seppur col 50% di copertura».
Chi parla è Guido Pompanin che gestisce con la famiglia il Rifugio Lagazuoi.
È sicuramente il balcone più celebrato sulle e dalle Dolomiti.
È stato suo padre Ugo ad avviarlo, ancora nel 1965. Siamo a 2752 metri d’altezza.
Nonostante lo stop allo sci, lei, dunque, ha deciso di resistere.
«Il Lagazuoi e altri rifugi di montagna, quelli almeno che sono meta comunque di escursionisti. Anche oggi (ieri per chi legge, ndr) siamo stati raggiunti da una dozzina di appassionati. Noi eravamo aperti per manutenzioni».
Dal passo Falzarego sono circa tre chilometri di sentiero o pista da sci. Quindi chi ha gamba vi raggiunge comunque.
«Questa estate è andata benissimo. E non solo perché funzionava la funivia, ma anche perché c’era tanta voglia di camminare. Le splendide giornate di ottobre e di novembre hanno registrato il pienone la domenica. Ecco perché immaginavamo una stagione di riscatto sugli sci, nonostante il contingentamento delle linee guida».
Quanto rappresenta il fatturato invernale per un rifugio come il vostro?
«Almeno un terzo, ma ci sono rifugi per i quali la pista significa il 70% del fatturato. Ecco, quello che non si vuol capire è la drammatica conseguenza che la chiusura avrà sull’indotto. Noi quassù abbiamo 15 collaboratori, che non abbiamo ancora contrattualizzato. Rischiano di rimanere senza lavoro. I rifugi legati alle piste possono contare sulla collaborazione di una decina, forse una dozzina di stagionali ciascuno. E i rifugi sono almeno una quarantina, forse di più. Proprio ieri ho sentito uno dei nostri grossisti che era letteralmente allarmato dalla prospettiva che chiudessimo fino all’Epifania. Immaginarsi tutta la stagione».
Ma ci sono i ristori. Ieri sono stati assicurati da vari esponenti del Governo.
«Che ce ne facciamo dei ristori, se a tanti del nostro mondo, parlo soprattutto dell’indotto, mancherà il reddito. Abbiamo centinaia di persone addette soltanto ai noleggi».
Il sindaco di Cortina, Ghedina, si è detto preoccupato perché i 40 mila che di solito arrivano in città, se non trovano sfogo nelle piste, creeranno megagalattici assembramenti in Corso Italia e lungo le altre vie e piazze.
«Ha ragione, è una preoccupazione vera. Ecco perché noi pensiamo comunque di aprire, anche se le persone dovessero raggiungerci a piedi. In Faloria si stanno preparando le piste e anche quel rifugio aprirà. L’area del Col Gallina è praticamente pronta. Si sale in seggiovia, dunque che rischio c’è. Se proprio temono l’affollamento in pista, dovrebbero almeno consentire le passeggiate a piedi e, di conseguenza, la funzionalità degli impianti di risalita».
Sono le code all’ingresso a fare paura.
«Ci siamo attrezzati già l’estate scorsa per garantire il distanziamento».
Per la verità, i tecnici del “Cts” temono anche gli assembramenti nei rifugi di arrivo, nei bar lungo le piste.
«Secondo lei, i gestori rischiano di farsi chiudere l’attività non rispettando le prescrizioni. Queste attività sono l’unico reddito per tanti di loro e quindi i rifugisti saranno i più rigorosi». –
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