Rifugi, sentieri e ferrate: allarme del Cai

Già evidenziati danni per 1,2 milioni di euro, ma molte strutture non sono state ancora raggiunte. L’estate è in pericolo
Di Francesco Dal Mas

BELLUNO. Più di un milione e 200 mila euro di danni, a causa della neve, per i rifugi, le teleferiche, i sentieri e le ferrate sulle Dolomiti. «Aprire la stagione per la prossima estate sarà un dramma», anticipa Bruno Zanantonio, portavoce del Cai regionale. «Ma i nostri gestori stanno facendo l’impossibile» assicura.

Il rifugio Bianchet è già aperto, ma per arrivarci il gestore ha dovuto aprirsi un sentiero su una valanga di neve di 20 metri; per asportarla è dovuto salire con una ruspa; la pompa d’acqua è saltata, per cui deve captare quanto è necessario per i servizi igienici dal torrente sottostante, con un salto di gomma di ben 160 metri. I rifornimenti avvengono tutti a spalla.

Il rifugio Tissi, davanti alle pareti del Civetta, è ancora prigioniero di una coltre bianca alta un metro. Il Torrani, in vetta al Civetta, non è stato ancora raggiunto per una verifica. Problemi di accesso anche al Coldai. Come riferisce Alessandro Farinazzo, che per conto del Cai coordina il cantiere di ripristino di questi presidi d’alta quota, il 7° Alpini patisce la rottura di alcune tubazioni. Il rifugio Semenza, sul monte Cavallo, lamenta rotture ai pannelli solari, i cornicioni del tetto sono saltati, una trave sta cedendo. Per salire, da San Vito di Cadore al San Marco, manca un pezzo di sentiero e, in forcella, si trova ancora sotto la neve il percorso verso il Galassi, colpito da una valanga che ha compromesso parte del tetto e costringe il Cai di Mestre a rifare la teleferica. Al Vandelli, sul monte Sorapiss, è gravemente danneggiata la scala esterna di sicurezza. Al Falier, sotto la Marmolada, sono partite le scandole del caratteristico tetto, mentre numerosi sono i rifugi non ancora raggiunti, proprio a causa dello spessore altissimo di neve. Il Mulaz, sopra Falcade, è uno di questi. Il Chiggiato, sulle Marmarole, ha il tetto compromesso.

Zanantonio e Farinazzo stanno raccogliendo foto e schede delle strutture che hanno urgenza di una sistemazione. L’estate, a quota 2 mila metri, sarà una stagione di frenetici cantieri. La Regione ha messo a disposizione 800 mila euro, grazie a una variazione di bilancio ottenuta dai bellunesi Dario Bond, Sergio Reolon e Matteo Toscani. La cifra vale solo per i rifugi. Poi ci sono i sentieri e le ferrate, parte dei quali non sono stati ancora verificati e potrebbero palesarsi sorprese gravi, tali da compromettere la stessa stagione.

«Abbiamo mille chilometri di percorsi da controllare, metro dopo metro», fa sapere Farinazzo, «e sappiamo che in tanti casi il tracciato non esiste più, il sentiero è scomparso e va ripristinato, perché altrimenti le mete sono irraggiungibili e, quindi, si corre il rischio di delibere comunali che chiudono questo o quel tragitto». L’ultimo caso è quello di Canale d’Agordo, dove il Comune ha ordinato la chiusura del sentiero del Cai 754 che porta a Gares, nel tratto che va da Cason del Tamer a Malga Stia: a determinare l'ordinanza del sindaco le precarie condizioni di percorribilità del sentiero alla luce delle abbondanti precipitazioni nevose che l'hanno interessato.

Il Cai ha chiesto alla Regione la disponibilità di raddoppiare i fondi tradizionali, che sono di circa 170 mila euro; saranno portati a 300 mila euro. Poi dovrebbe intervenire la generosità del Cai nazionale. «La solidarietà istituzionale, tuttavia, non potrà coprire tutte le esigenze», fa sapere Zanantonio. Le singole sezioni del Cai, dunque, si faranno carico delle risorse che mancano.

Zanantonio e Farinazzo sperano che le alte temperature di questi giorni possano agevolare il lavoro dei cantieri, che dovranno iniziare tra fine giugno e inizio luglio. Entro il mese bisogna presentare le domande di contributo, quindi c’è anche una parte burocratica da fronteggiare, che non sarà semplice.

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