Rintocchi a festa per accogliere Enea: «Non andremo mai via da Tambre»

TAMBRE. Uno scampanio prolungato, lassù dal campanile, e a Tambre si schiudono finestre e sorrisi. Non era proprio il giorno del patrono ma è stata quasi festa nazionale.
A scomodare il calendario, piuttosto, è stato Enea, un pargoletto di due chili e duecento grammi: cicogna e befana, due settimane fa, il 6 gennaio, si sono incrociate nella stessa parte di cielo del paese, per portare Enea in casa Gandin.
È il primo bambino nato, in questo 2021, a Tambre nell’era del coronavirus: e il piccolo guerriero ha anche già vinto la sua prima sfida proprio con il virus, insieme con mamma Elena.
Per la famiglia di Elena Dal Bo e Luca Gandin, 33 e 37 anni, Enea è il segno della speranza e del futuro, come per il paese. Da Tambre la famiglia non ha intenzione di muoversi: qualità della vita e pace sociale sono impagabili: «si resta qui». Con l’apporto anche dei nonni del paese, anzi delle nonne che all’arrivo di Enea hanno preso a sferruzzare cappellini e scarpine di lana per il suo corredo.
Tambre l’ha accolto con una scampanata senza precedenti. Il Comune in piazza ha messo il manifesto con la cicogna, in questi tempi decisamente ansiosi e che annebbiano il domani.
Ne sa qualcosa proprio mamma Elena che ha sfidato il Covid nei giorni di Natale, nell’ultimissimo periodo di gravidanza, poi il 6 gennaio il parto e la sicurezza che sia lei che il bambino erano negativi.
Con Enea il Comune di Tambre ha inaugurato quella che diventerà una prassi d’ora in poi: suonare le campane ad ogni nuova nascita. Ne sono previste almeno sei finora: prepararsi compaesani.
«La forza dei paesi di montagna è far parte della comunità come in una Grande Famiglia!» scrive il Comune sulla sua pagina Facebook «Un semplice simbolo che racchiude la speranza in questo periodo di pandemia, e che ci fa guardare al futuro della nostra amata montagna».
Allora Elena, che effetto fa essere accolti in paese dalle campane.
«È stato strano anche per me perché non avevo mai sentito suonare le campane in quel modo. Qui è un deserto con questo lockdown, con i decreti. L’aria che si respira è triste in paese e sapere che suonano le campane per una nascita è sempre una gioia. In Comune mi hanno chiesto il consenso per esporre la notizia in bacheca e anche in piazza a Tambre e così è stato un momento di felicità condiviso da tutti».
Anche la gravidanza non è stata una passeggiata...
«Già. In gravidanza ho avuto il Covid ed è stata doppiamente una impresa ma anche una doppia gioia essere negativi alla fine, e immuni e avere il bambino sano. La malattia di è presentata sotto Natale e lui è nato il 6 gennaio. Positivi sia io che il mio compagno. Non forme preoccupanti, a dire la verità: io avevo sintomi lievi, un po’ di raffreddore, mal di gola, avevo perso gusto e olfatto. Ma la preoccupazione è stata tanta lo stesso. Comunque all’ospedale mi hanno spiegato che anche finora da mamme positive non sono mai nati bambini positivi».
Il 6 gennaio il giorno di Enea
«È stata una gioia. Due chili e due, molto piccolo. Qualche preoccupazione c’è, perchè la situazione fuori è quella che è e limita anche i movimenti: non è che posso andare a fare passeggiate con la carrozzella, per esempio, come si farebbe nei periodi normali. Si sta dentro, Enea non viene fuori con me o col papà anche perché essendo nato piccolo anche un piccolo raffreddore potrebbe essere un problema per lui. Almeno per un mesetto dovremo stare attenti anche a chi viene in casa: poche visite e chi ci viene a trovare sta molto lontano. Giusto i parenti stretti che potrebbero venire ma siamo ancora tanto limitati. Mia mamma, per esempio, deve ancora venire: ci troviamo con delle videochiamate e ci spediamo tante foto. Non si può far altro».
Campane a parte, il paese come ha accolto la lieta notizia?
«In maniera splendida. Abbiamo preso tante di quelle telefonate e regali anche da persone che non ci aspettavamo, ringraziamo tutti. È stata una festa per tutti. Tante signore anziane ci hanno fatto scarpine di lana, berretti di lana, magliette. È stata una gioia infinita, e ci hanno fatto piacere le telefonate, oltre che i regali. Tutti hanno manifestato la loro gioia, dagli anziani ai bambini: è stato molto bello sentire il paese stretto stringersi. E altre cicogne arriveranno per l’estate, per alcuni amici a Tambre, altri due o tre bambini sono attesi».
Tambre, una scelta di vita... Mai pensato di trasferirvi altrove?
«Abbiamo entrambi un lavoro, io in fabbrica in Alpago, e il papà con la ditta del nonno. Luca è felicissimo. E non abbiamo intenzione di muoverci di qua: ci sono pace e tranquillità. Questo significa vivere a Tambre. A volte c’è anche qualche scomodità ma non sono poi così pesanti. Si sta bene, siamo contenti di stare bene e contenti di stare qui, non abbiamo mai pensato di andare via perchè c’è una qualità della vita che non ha prezzo. Io lavoro in Alpago ma in passato mi sono spinta anche a Longarone o Conegliano, spostarmi non mi pesa, non mi è mai pesato e sono contenta di tornare a casa la sera. A Tambre». —
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