Rio Andraz a Livinallongo, partito il ricorso contro la seconda centrale
LIVINALLONGO. Ricorso degli ambientalisti contro la nuova centralina sul Rio Andraz. Wwf, Comitato Acqua Bene Comune e Mountain Wilderness contestano molti passaggi dell'iter che ha portato all'autorizzazione dell'impianto. Già raccolti 8 mila euro tra i residenti per pagare le spese del ricorso. Come avevano annunciato durante la serata informativa lo scorso agosto, Wwf, Mountain Wilderness e Comitato Acqua Bene Comune hanno presentato un ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche di Roma contro i provvedimenti di autorizzazione concessi rispettivamente da Regione Veneto, Provincia di Belluno e Comune di Livinallongo alla Pustri Energia per la costruzione della nuova (sarebbe la seconda) centralina idroelettrica sul Rio Andraz. Il provvedimento è stato inviato per conoscenza anche ad Arpav e all'Autorità di Bacino Isonzo, Tagliamento, Piave, Brenta - Bacchiglione.
Le associazioni ambientaliste contestano in particolare i metodi usati dalla Pustri Energia per raccogliere i dati relativi alle portate del torrente e alcuni passaggi dell'iter che ha portato all'autorizzazione nonostante il parere di alcuni enti; tra questi la stessa Provincia di Belluno. Per finanziare i costi del ricorso le associazioni proponenti hanno raccolto finora ben 8 mila euro tra i residenti della vallata fodoma «e quanti hanno a cuore il destino di questo torrente», spiega Lucia Ruffato di Acqua Bene Comune. Nelle quasi 50 pagine presentate al Tribunale Superiore delle Acque l'avvocato Mario Ceruti, dell'omonimo studio legale di Rovigo che ha curato il ricorso, mette in evidenza i passaggi autorizzativi ritenuti poco chiari che hanno spinto gli ambientalisti a chiedere lo stop alla costruzione dell'ennesima centralina.
Uno di questi è il sistema di misurazione della portata usato dalla società Pustri Energia di La Valle Agordina nella procedura Via per valutare l'impatto della centrale sull'ambiente. Secondo i ricorrenti i dati forniti, in particolare quelli relativi alle portate sarebbero insufficienti e frutto di una «non comprovata similitudine idrogeologica» con il bacino idrico preso a riferimento: ovvero le misure non sono state prese direttamente sul Andraz ma da un torrente simile. Un sistema ed un metodo che l'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che dipende dal Ministero dell'Ambiente ha bocciato per ben due volte nel corso dell'iter autorizzativo.
«Di qui - si contesta - una stima della potenziale alterazione/deterioramento del corso d'acqua assolutamente non affidabile in quanto frutto di inaccettabili semplificazioni ed approssimazioni». Misurazioni e dati che - rilevano ancora - sono stati presentati inspiegabilmente dopo che è stata concessa l'autorizzazione e non prima, come a richiesto la stessa Arpav per altri progetti. Sempre per quanto riguarda la Via, approvata dalla Regione, si contesta come questa non tenga conto del deterioramento dello stato del torrente, previsto dalla Direttiva Acque 2000.
«È come se si dicesse che due centraline sullo stesso corso d'acqua non producono alcun danno - spiega ancora la Ruffato. Sul banco degli imputati anche la Provincia di Belluno, la quale nonostante in un primo tempo avesse dato parere negativo al progetto ritenendo «che non ci siano elementi sufficienti per la conclusione del provvedimento», il 20 ottobre del 2016, con un decreto del presidente concedeva la costruzione e l'esercizio della centrale. Al Comune di Livinallongo viene invece contestato di aver dato un parere urbanistico senza tenere conto delle previsioni del nuovo Pati. Le prese della centrale infatti, sono previste in una zona soggetta a frane e valanghe quindi non idonea, distanti poche centinaia di metri da una zona di grande pregio ambientale secondo la legge regionale 80/1980, dove sorge il castello di Andraz. La centrale poi si verrebbe a trovare a 500 metri dal sacrario di Pian di Salesei. L'udienza per presentare il ricorso davanti al Tribunale Superiore è prevista per il 23 marzo.
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