Risarcita la famiglia dell’operaio folgorato
Mel. I congiunti di Loris De Faveri, morto nel cantiere della chiesa di Villa di Villa, escono dal processo
MEL. Risarcita la famiglia De Faveri. Ritirata la costituzione di parte civile dei congiunti del 42enne Loris De Faveri, operaio di Soligo della Edil Group, morto folgorato nel cantiere della chiesa di San Nicolò di Villa di Villa, il 26 settembre di tre anni fa.
L’udienza in tribunale per omicidio colposo con l’aggravante della violazione delle norme di sicurezza è cominciata con il deposito della revoca da parte dell’avvocato Germani. I familiari di De Faveri escono così dal processo, che vede come imputati don Giuseppe De Nardo, Andrea Durigon, Mario Dall’Asen, Andrea Lorenzon, Francesca Cais, Ottavio Paier e Mauro Meler, oltre alle incolpate Lorenzon costruzioni ed Edil Group di Pieve di Soligo, Altedil di Istrana e Dall’Asen impianti di Mel. Già assolto in abbreviato il direttore dei lavori Stefano Varaschin (la sentenza è stata appellata dalla procura), mentre il responsabile della sicurezza A.D.B. è stato condannato a un anno.
Toccava ai consulenti delle difese, che come sempre sono arrivati a conclusioni del tutto diverse da quelle del collega della procura, Alberton. Per cominciare il trentino Fauri per la Dall’Asen impianti di Mel, che con l’aiuto di computer e schermo ha spiegato che il guasto causa della folgorazione è avvenuto perché era il ponteggio in tensione, non il cordino metallico. E il ponteggio era completamente isolato dalla terra. L’infortunio sul lavoro mortale è avvenuto verso le 11, un quarto d’ora dopo è stata staccata la corrente del cantiere e 50 minuti dopo quella della chiesa. Tutto fa pensare che il corpo dell’operaio sia stati attraversato per l’arco di tempo inferiore, questo perché l’uomo ha toccato il cordino con la mano destra e il ponteggio con l’interno del gomito sinistro. È qui che ci sono le lesioni più gravi.
Il feltrino Bonan ha lavorato su incarico dell’imputata Francesca Cais, la titolare di Edil Group, l’impresa in subappato di Lorenzon costruzioni. È stato sul luogo dell’infortunio fin dai primi sopralluoghi, a differenza di altri e ha descritto un fatto anomalo, che dev’essere stato causato dal salvavita guasto o non collegato correttamente, dopo che i tecnici dell’Enel avevano detto che non c’erano problemi, perché i cavi erano sì vecchi, ma non deteriorati. La conclusione è che il differenziale della chiesa non solo non era a norma, perché l’elettricista aveva sostituito quello da 30 milliampere con uno da 300, perché le luci si spegnevano spesso a causa della dispersione, ma quando è stata aperta la scatola si è scoperto che il cavo di fase non era del tutto infilato nel morsetto. Anche secondo l’Enel il collegamento era fatto male. Quanto al ponteggio, non era in tensione.
Con l’aiuto di un grafico, Sterza è stato molto tecnico, in rappresentanza di Durigon e Altedil. La sua attenzione si è concentrata anche sul cavo a sette metri e mezzo da terra, che esce dalla canonica ed entrava nella chiesa attraverso il ponteggio: nessuna rottura, nessuna parte in rame a vista. Cautela sì, ma niente di più. Il giudice Scolozzi ha rinviato al primo dicembre, a mezzogiorno, per l’esame degli imputati.
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