Rischio recessione per l’edilizia, venerdì lo sciopero
BELLUNO
Tremila posti di lavoro persi dal 2008, un centinaio le aziende che hanno chiuso i battenti: questi i numeri della crisi dell’edilizia in provincia di Belluno e in base ai quali il comparto tornerà in piazza per chiedere al governo di dare il via alle opere pubbliche, «altrimenti questo settore è destinato a soccombere».
Lo sciopero
Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil hanno indetto per venerdì uno sciopero nazionale del comparto edilizio. «Una iniziativa del genere non si vedeva dal lontano 1994», ribadisce Marco Nardini, segretario della Fillea bellunese, che spiega i motivi di questa presa di posizione. «Dopo i primi segnali di timida ripresa del 2018, temiamo che si vada incontro ad un’altra recessione perché il governo, che noi speravamo fosse quello del cambiamento, sta bloccando le grandi opere in tutta Italia causando la perdita di posti di lavoro e il blocco degli appalti pubblici e privati».
I problemi del settore
Nardini spiega che «a crearci problemi sono i bandi al massimo ribasso e la concorrenza delle imprese che vengono da fuori provincia, soprattutto dalla Marca trevigiana. Molte ditte bellunesi del comparto, infatti, si lamentano del fatto che non riescono più ad aggiudicarsi gli appalti. E questo perché in montagna i costi sono maggiori, mentre le imprese che vengono da fuori tagliano tutte queste voci di spesa. Ma questo va a scapito dei lavoratori».
Il segretario della Fillea ribadisce ancora una volta come il sistema degli appalti stia rischiando di fare terra bruciata in provincia. «Non dimentichiamo che per massimo ribasso intendiamo una riduzione del prezzo che va dal 40% fio al 65%. Questo porta le ditte, soprattutto quelle del Trevigiano, ad applicare ai loro lavoratori contratti che con l’edilizia non hanno niente a che fare. Stiamo parlando di contratti agricoli, metalmeccanici, delle cooperative, multiservizi con una perdita di salario annuo, rispetto a quanto garantito dal contratto edile, che va dai 3000 ai 7000 euro. E non è poco». Per Nardini è venuto il momento che «la politica, a tutti i livelli apra dei tavoli a cui possiamo sederci anche noi sindacati che conosciamo la realtà dei fatti e così si possa nuovamente ripartire con i lavori e le imprese possano riprendere fiato e resistere».
Cosa fare in provincia
Per il segretario della Fillea di lavori in provincia ce ne sarebbero molti da fare. «Da 20 anni attendiamo che la rete viaria venga sistemata. E cosa dire poi dell’acquedotto: non dimentichiamoci che da dicembre alcuni comuni e frazioni sono senz’acqua perché il sistema idrico è un colabrodo. Abbiamo poi l’esbosco che potrebbe essere un’occasione importantissima. Occasione d’oro dovevano essere anche i mondiali di Cortina». E su questo punto Nardini punta il dito contro i politici. «Ci avevano detto che avrebbero fatto arrivare 272 milioni di euro in provincia per questo appuntamento sportivo, ma finora è arrivato pochissimo». E poi definisce «vergognoso il fatto che non sono state realizzate le tangenziali. In provincia sta crescendo il numero delle ditte che rischiano il concordato».
A questo punto cosa si può fare? «Dove sono gli interventi che dovevano partire dopo il crollo del ponte Morandi? Si era detto che tra Agordino, Comelico e Feltrino c’erano molte strutture a rischio crollo: cosa si è fatto per garantire la sicurezza? Prima di procedere con l’esbosco dobbiamo sistemare le strade statali, comunali e silvo-pastorali. Spostare con migliaia di camion gli alberi con le strade nelle condizioni attuali significa far crollare tutto e subire incidenti gravi. Il governo sblocchi i fondi e dia il via a nuove opere, perché le imprese bellunesi stanno rischiando di morire». —
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