«Riserva invece di Parco nell’area delle Marmarole»
PIEVE DI CADORE. È da almeno 15 anni che don Luigi Ciotti, cadorino, presta la sua voce al Comitato per il Parco delle Marmarole. Il prete antimafia ne ha sollecitato l’istituzione anche recentemente. Ma l’impasse non si sblocca, perché ci sono organizzazioni, come i cacciatori, che ne avversano i vincoli.
Ieri la confederazione Cipra, che raggruppa numerose associazioni ambientaliste, ha preso il toro per le corna ed ha proposto – in questo caso, come in altri – un compromesso nobile: l’istituzione di una riserva in alternativa al parco. Per il Centro Cadore, ma anche per il Cansiglio.
Una riserva che diventi anche opportunità socio-economica per i residenti, compresi i cacciatori, che avrebbero l’opportunità di esercitare la loro attività, seppur parzialmente.
No al gallo cedrone, ad esempio, si alla caccia ai cervi se sono troppi. Il tutto sotto il segno di una gestione avveduta della biodiversità.
«È utile chiedersi e rispondere se ad oggi le norme rigide e il controllo severo abbiano funzionato sul piano dei risultati della conservazione del territorio», si domanda, autocriticamente, Gigi Casanova, portavoce di Cipra. «In molte realtà questi vincoli non hanno funzionato perché in un Paese come quello italiano le deroghe rivolte alla speculazione, anche dentro i parchi, trovano sempre deroghe devastanti. In altre situazioni l’assoluta rigidità vincolistica, non recependo le trasformazioni naturalistiche in atto, hanno portato anche a perdite di biodiversità».
Un po’ ovunque, va detto con coraggio, dove non si è attuata una zonizzazione partecipata, il parco –riconosce Cipra attraverso l’analisi di Casanova - ha portato le popolazioni locali a deresponsabilizzazione totale verso il dovere della conservazione del territorio, del paesaggio, delle culture locali. «È quindi anche utile e necessario interrogarsi», secondo l’ambientalista, «sul valore reale della istituzione di nuovi enti, se siano necessari per tutelare ambienti pregiati, quale risposta offrire alle tante aree Sic e Zps diffuse sulle nostre montagne, le risposte da coordinare rivolte ai comitati, alle associazioni, alle istituzioni che hanno individuato sul territorio parchi locali, parchi fluviali, parchi agricoli, geoparchi, biotopi che poi vengono abbandonati, non gestiti, che si ritrovano ad essere isole chiuse destinate ad un veloce degrado o a subire modifiche che le snaturano o le impoveriscono del bene che andava tutelato».
Un approccio rivoluzionato, quello dei nuovi ambientalisti, nei confronti dell’ambiente. «Siamo in presenza di un ambientalismo che deve reinventare la sua scatola degli attrezzi anche per rispondere in modo concreto ai troppi territori che vengono abbandonati o destinati ad allevamenti intensivi tipici delle grandi pianure».
Francesco Dal Mas
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