Rocca Pietore, centinaia di scialpinisti all’assalto della Marmolada

Approfittando delle nevicate dei giorni scorsi e con la paura di un lockdown gli appassionati della neve si sono dati appuntamento sulla Regina delle Dolomiti 

ROCCA PIETORE. Ricordate la processione, quest’agosto, dal Piz Boè al Sass Pordoi, dove arriva la funivia? Immagini che fecero il giro del web. Ancora più impressionante è quest’altra coda: di scialpinisti fiondati verso i 3265 metri di Punta Rocca, la seconda cima della Marmolada.

Una teoria lunga più di 400 appassionati, forse addirittura 500, che quasi tutti in fila indiana attraversano il ghiacciaio della “regina delle Dolomiti”, sulla prima neve, Qualcosa di più di mezzo metro al Passo Fedaia, circa un metro a metà ghiacciaio, sui 60 centimetri lassù, in vetta, dove il vento spazzola anche i fiocchi di più recente caduta.

Almeno in 500

Alessio Rech ha solo 23 anni, è di Lavarone. «La primavera scorsa ho patito il lockdown; sarebbe stata una stagione straordinaria per lo scialpinismo», racconta. «La settimana appena trascorsa ho voluto rifarmi. Sono salito in Marmolada martedì e ci sono tornato sabato. Martedì eravamo qualche decina; sabato, dopo la neve caduta giovedì, saremmo stati mezzo migliaio».

Tutti senza mascherina, obiettiamo. «Tutti con la mascherina in tasca, perché – replica immediatamente Rech – non è obbligatorio portarla durante l’esercizio fisico. D’altra parte eravamo distanziati l’un l’altro di almeno 2 metri».

Il commento di Budel

Non si è trattato della risposta ad una qualche organizzazione. Gli scialpinisti si sono presentati all’appuntamento spontaneamente. «È normale – commenta Carlo Budel, il re della Marmolada –, Lo scialpinismo inizia normalmente in novembre, dopo la prima nevicata. Quest’autunno abbiamo la fortuna che il ghiacciaio era già innevato a metà ottobre, un mese prima. Quindi gli scialpinisti hanno fatto bene a presentarsi».

Il timore del lockdown

Ma perché tutti assieme? «Temono un nuovo lockdown – risponde Budel –. Hanno patito molto quello precedente. Quindi fanno bene ad approfittarne. D’altra parte, il ghiacciaio è sicuro, dove lo attraversano. I crepacci si nascondono dall’altra parte, lungo l’itinerario che sale alla Capanna di Punta Penia».

È quello il rifugio che Budel gestisce ormai da parecchie estati per conto di Aurelio Soraruf. «Partendo dal passo Fedaia io ho impiegato un’ora e 45 minuti – racconta Rech –, di media ci vogliono due ore e mezza. C’è chi sale da Malga Ciapela, percorrendo le piste da sci. Il tempo? Tre ore, in questo caso. Gli ultimi 200 metri di tracciato li facciamo insieme, sempre sulla pista». Nessun rifugio è aperto, la funivia è chiusa. Ma non sono accaduti incidenti di sorta. «Siamo tutti gente esperta, ben attrezzata. Ed anche opportunamente alimentata – assicura ancora Rech –. Attraversiamo il ghiacciaio nella massima sicurezza. Scendiamo (circa un’ora) dalla stessa parte o attraverso un canale, impossibile da fare salendo, ma straordinario per la discesa».

Lo scialpinismo è un’attività che potrebbe contribuire al rilancio delle quote più alte, ma chi gestisce un rifugio non può permettersi di tenere aperto solo per gli appassionati di questa disciplina. Anche perché l’eccezionalità di sabato è appunto… un’eccezione.

Ripassando le immagini di sabato, Fabio Bristot Rufus ha dapprima commentato: “È un formicaio” . Poi, però, ha chiosato, rispetto a qualche post problematico, che l’attività si svolge all’aperto e necessariamente garantendo il distanziamento. «Probabilmente il Sorapis è passato di moda» commenta, a sua volta, Francesca. Il laghetto del Sorapis? No. Ha voluto salirci nei giorni scorsi proprio Carlo Budel e ha lanciato un appello a chi vuol rischiare: «Portatevi i ramponi, perché c’è molto ghiaccio».

Budel è uomo che ha fatto della prudenza la sua virtù. Ecco perché, ritornando alla Marmolada, raccomanda: «Non rischiate di salire a punta Penia con gli sci ai piedi se non siete dei provetti scialpinisti e non disponete di tutta l’attrezzatura di sicurezza. Ci sono i crepacci, bisogna legarsi, la neve tra una feritoia e l’altra ancora non tiene». Chiusura sarcastica di Fabio: «È inutile, Siamo come le pecore... A Milano sui Navigli come in Marmolada...». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Argomenti:alpinismo

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi