Rogna, colpiti i camosci all’interno del Parco
Dalla primavera ad oggi sono già una decina gli ungulati trovati morti La zona interessata è il Feltrino. Si studia il gene della resistenza alla malattia
BELLUNO. Dalla primavera ad oggi sono una decina i camosci trovati morti all’interno del Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi. La causa è la rogna sarcoptica, l’acaro che attacca principalmente camosci e stambecchi portandoli fino alla morte.
La rogna è una malattia ormai endemica nel Bellunese, che periodicamente compare. Infatti, anche lo scorso anno, all’interno del Parco sono stati trovati 16 ungulati morti.
«La malattia è arrivata dall’Europa centrale negli anni Novanta in provincia di Belluno», spiega Loris Pasa responsabile dell’ufficio faunistico di palazzo Piloni. «I primi casi sui camosci sono stati evidenziati ad Auronzo e poi negli anni si è diffusa in tutto il territorio. Si propaga abbastanza velocemente (circa 7 km all’anno) e il suo impatto sulle popolazioni di animali selvatici soprattutto camosci appunto e stambecchi, è all’inizio devastante. Poi a lungo andare gli animali sviluppano una certa resistenza a questo acaro e quindi sopravvivono».
All’interno del Parco la rogna è comparsa una decina di anni fa, come testimonia Enrico Vettorazzo, funzionario tecnico dell’ente dolomitico, «colpendo soprattutto l’area intorno al monte Schiara. Nel 2010 infatti, l’allora Corpo forestale trovò 16 camosci morti proprio per la rogna». Poi pian piano si è diffusa in tutto il territorio dell’ente e dall’anno scorso è ritornata colpendo la parte ovest dell’area protetta, quella verso il Feltrino e Cesiomaggiore. Nei mesi scorsi una decina di carcasse di ungulati è stata trovata sempre dai Forestali, ora carabinieri. «Quando arriva questa malattia, per la prima volta, l’impatto sulla popolazione di camosci è abbastanza importante anche se poi negli anni gli animali sopravvissuti vanno a ricostituire la popolazione di selvatici». L’anno scorso all’interno delle tre aree prese a riferimento del Parco (monte Schiara, le vette feltrine e l’area dei Piani eterni) sono stati censiti più di 1300 camosci.
«La nostra strategia», spiega Vettorazzo, «è di non intervenire in caso di comparsa di rogna, ma visto che è una malattia endemica abbiamo avviato negli anni una collaborazione con l’università di Ferrara per capire quale sia il gene che determina la resistenza a questo acaro nei camosci che sopravvivono. Negli ultimi 10 anni abbiamo inviato 113 campioni di tessuto muscolare di esemplari di ungulati all’università. Lo scopo è quello di capire quali animali hanno un carattere genetico resistente e quali no». Ad oggi, però, ancora non è arrivato alcun risultato dall’Emilia, ma i prelievi continuano, sia dove ci sono casi di rogna, sia dove non ci sono e sia dove l’acaro è già passato, lasciando una popolazione immunizzata.
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