Rogo di Pieve: dimora e firma a Ferraro
L’uomo rimasto ustionato è tornato in libertà. Il gestore Piccin rimane in carcere, gli altri ai domiciliari
PIEVE DI CADORE. Pizzeria esplosa: uno è libero. Nello scorso fine settimana, Pasquale Ferraro ha lasciato il carcere di Bari. L’alloggio della famiglia, che non era idoneo per gli arresti domiciliari, lo è invece per l’obbligo di dimora, a Brindisi. L’altra misura disposta del gip Sgubbi è l’obbligo di firma due volte al giorno: mattina e sera il 21enne pizzaiolo indagato per l’incendio con esplosione della “Mordi e fuggi” di Pieve di Cadore deve presentarsi alla più vicina caserma dei carabinieri.
La richiesta dell’avvocato bellunese De Castello è stata accolta, in attesa della chiusura delle indagini da parte del sostituto procuratore Sartorello e del processo. Da aprile in poi, Ferraro ha passato un lungo periodo tra l’ospedale San Martino di Belluno e una clinica di Bari, per farsi curare le fratture e le ustioni sofferte nello scoppio causato dalla saturazione dei vapori della benzina e poi è finito in carcere. L’istanza di avere i domiciliari non aveva avuto successo, perché l’alloggio brindisino è occupato abusivamente dalla famiglia Ferraro, a sentire sia la procura della Repubblica che il difensore, mentre la liberazione con obbligo di dimora e firma è diventata possibile.
L’unico in carcere è il gestore del locale Alessandro Piccin, mentre sono ai domiciliari Fabio Laritonda, il tassista Giuseppe Lauro e Luigi Zanettin. Piccin ha chiesto di tornare a casa e Lauro e Zanettin in libertà. Più complessa la posizione di Laritonda, il solo ad aver confessato, intestandosi le responsabilità del rogo, prima di coinvolgere Piccin come mandante e Zanettin come tramite. È evaso e il giudice l’ha condannato per direttissima a un anno: l’appello è a gennaio.
Le ipotesi di reato vanno dal danneggiamento fraudolento di beni assicurati all’incendio doloso aggravato e per Piccin alla calunnia aggravata.
Gigi Sosso
Argomenti:esplosione pieve di cadore
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