Rogo in pizzeria: chieste le scarcerazioni

È stato presentato il ricorso al tribunale del Riesame per Laritonda e Lauro. Il terzo indagato Ferraro rimane ai domiciliari 
PIEVE DI CADORE. Chiesta la scarcerazione di Laritonda e Lauro. Presentato il ricorso al tribunale del Riesame per due dei tre indagati dell’incendio con esplosione della pizzeria Mordi e fuggi di Pieve di Cadore del 24 aprile. La data dell’udienza non è ancora stata fissata, ma il termine ultimo è il 3 luglio. Fabio Laritonda e Giuseppe Lauro sono detenuti nel carcere di Baldenich e per loro il difensore Massimiliano Paniz ha chiesto almeno gli arresti domiciliari, prima di conservare il mandato solo per il secondo.


Una misura alternativa molto difficile da ottenere per Laritonda, che nell’interrogatorio di garanzia ha confessato il rogo, prendendosi tutte le responsabilità e scagionando anche il terzo indagato, Pasquale Ferraro, che ai domiciliari c’è già, ma per ragioni sanitarie, in un ospedale di Bari. Diversa la posizione di Lauro, che davanti al gip Sgubbi e al pubblico ministero Sartorello ha respinto qualsiasi addebito, aggiungendo che quella notte ha fatto soltanto il suo lavoro, accompagnando gli altri due in via XX settembre, andandosene alla ricerca di clienti e tornando sul posto per soccorrere Ferraro gravemente ferito.


Quest’ultimo è stato l’unico che, sentito via rogatoria, si è avvalso della facoltà di non rispondere. La procura della Repubblica non crede alle versioni dei due che hanno parlato, e prende atto del silenzio del terzo. Certo, tutti e tre erano sul posto quella notte. Ferraro ne porta ancora i pesanti segni e ha rischiato di perdere la vita per l’imprevisto scoppio dei vapori della benzina. Il primo a cui ha chiesto aiuto è Laritonda, i cui guanti da lavoro e un passamontagna sono stati ritrovati al Roccolo. Lauro ha dato un passaggio a Laritonda, che non ha la patente. Quanto a Ferraro, non convince gli investigatori l’alibi dell’incontro galante con una non meglio identificata Francesca.


Il giovane brindisino sostiene che stava passando di là dopo le tre di notte, mentre i carabinieri lo collocano all’interno della pizzeria gestita da Alessandro Piccin con la tanica della benzina e, di conseguenza, sbalzato fuori dall’onda d’urto dello scoppio. Quello che non si sa è il movente. Laritonda non vuole rivelarlo: «Meglio crepare che tradire» ha scritto in un post sul suo profilo Facebook, aggiungendo «Meglio perdere la libertà che l’onore e la dignità». Per incendio doloso in concorso, i tre rischiano fino a sette anni.


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