Sabotato il biodigestore del Maserot

Mani esperte hanno staccato il tubo di scarico, rischiando di sversare nell’ambiente 1.300 metri cubi di materiale
Di Irene Aliprandi
Inaugurazione al Maserot - A sinistra una parte dell'impianto e a destra il complesso che ha suonato ieri durante l'inaugurazione del biodigestore il sistema che produce energia elettrica dal rifiuto umido
Inaugurazione al Maserot - A sinistra una parte dell'impianto e a destra il complesso che ha suonato ieri durante l'inaugurazione del biodigestore il sistema che produce energia elettrica dal rifiuto umido

SANTA GIUSTINA. Un sabotaggio, un atto intenzionale commesso da persone competenti e organizzate. Poteva causare un gravissimo danno ambientale, oltre che economico, l’attacco messo in atto la notte tra venerdì e sabato contro l’impianto del Maserot di Santa Giustina. Sapendo perfettamente cosa fare e come farlo, qualcuno si è introdotto nello stabilimento di trattamento e recupero dei rifiuti provinciali e ha sabotato il biodigestore, svitando i bulloni del tubo di uscita dalla vasca dell’impianto e aprendo lo scarico, con l’intenzione di sversare tutto il contenuto.

Per fortuna l’impianto di controllo ha funzionato alla perfezione, oppure si è verificata una provvidenziale ostruzione del tubo, bloccando la fuoriuscita del materiale nell’ambiente ed evitando così danni notevoli. Il biodigestore, infatti, in quel momento conteneva 1.300 metri cubi di rifiuto umido in fase di lavorazione e solo una parte del prodotto diventa compost da utilizzare in agricoltura, perché una frazione del digestato diventa rifiuto speciale da smaltire in impianti specializzati.

Il sabotaggio è avvenuto durante la notte, in un orario ancora imprecisato compreso tra le 18 di venerdì sera e le 9 di ieri mattina, quando gli operai di Dolomiti Ambiente sono arrivati in sede e hanno scoperto prima il blocco del sistema di controllo e monitoraggio e successivamente il tubo sbullonato con la valvola di scarico aperta. A quel punto è stato avvisato il presidente della società, Luciano Gesiot, che si è rivolto ai carabinieri della stazione di Santa Giustina per sporgere denuncia.

I carabinieri sono poi andati al Maserot e hanno scoperto alcuni particolari interessanti. I sabotatori sono entrati nell’ampio stabilimento aprendosi un varco nella rete di recinzione e hanno raggiunto il biodigestore restando lontani dalle telecamere di sicurezza. Il Maserot, infatti, è dotato di video sorveglianza ma le telecamere si vedono e non riescono a coprire tutta la superficie. Inoltre l’area del tubo interessato dal sabotaggio è al buio e a quanto pare le registrazioni delle telecamere non sono utili a capire chi ha commesso il sabotaggio, nè quante persone si siano introdotte al Maserot.

Tecnicamente l’operazione potrebbe essere stata effettuata anche da una sola persona, ma stupisce l’azione mirata e capace. Chi ha agito l’altra notte non poteva non conoscere il meccanismo degli impianti di biodigestione, che sono abbastanza rari, e sapeva dove mettere le mani. Inoltre i responsabili erano a conoscenza delle caratteristiche della zona: non solo sapevano che nel raggio di due chilometri non c’è nulla, ma hanno calcolato anche come evitare di essere ripresi dalle telecamere (che del resto sono ben visibili) e come muoversi indisturbati nell’impianto del Maserot, che oltre al biodigestore destinato al rifiuto umido comprende anche una linea per il trattamento del rifiuto secco, oltre a magazzini, depositi, uffici e ampi spazi all’aperto.

Ma la domanda più inquietante è perché. Chi può avere interesse a sabotare il Maserot e a creare un danno a Dolomiti Ambiente, la società partecipata della Provincia che lo gestisce? La storia dello stabilimento di Santa Giustina è complessa e travagliata, basti pensare che nel 1996, a breve tempo dalla sua realizzazione, l’impianto fu distrutto da un incendio di cui non si sono mai conosciute le cause.

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