“Safari” nelle Dolomiti: «Temiamo l’invasione di cacciatori e pescatori dal Veneto»

Preoccupa il trasferimento delle competenze di caccia e pesca alla Regione. Svaluto Ferro: «Rischio degrado». Il Pd: «Specificità bellunese insabbiata»

BELLUNO. Una nuova opportunità turistica per il Bellunese. Arriva il safari ai piedi delle Dolomiti. La caccia al camoscio piuttosto che al cervo. E un domani, chissà, all’orso. È quanto temono i tremila cacciatori della provincia, quando le competenze nella gestione dell’attività venatoria passeranno alla Regione. Come, peraltro, quelle in materia di pesca, per cui sono allarmati anche i cinquemila appassionati di questa pratica. Il Consiglio regionale, infatti, vuol revocare la delega della Provincia, svolta efficacemente per 25 anni.

«Spero ancora che prevalga il buon senso», sospira Pier Luigi Svaluto Ferro, sindaco di Perarolo e coordinatore provinciale di questo particolare mondo. «Ciò che temiamo è l’invasione di cacciatori che arriveranno nei nostri boschi a divertirsi sparando. E portando al degrado un patrimonio che abbiamo ricostruito pazientemente e con grande sacrificio».

Un patrimonio naturalistico che si quantifica, oggi, in 14 mila caprioli, 1.700 mufloni, 1.300 camosci, 7.900 cervi. E poi in 800 lepri bianche, 300 conturnici, 1.700 galli forcelli, 330 pernici bianche. Poi c’è la pesca. I pescatori versano più di 70 mila euro l’anno con il tesseramento, i cacciatori poco meno di 250 mila euro. L’80% veniva trattenuto nel Bellunese per la pianificazione, l’amministrazione e la gestione anche finanziaria dell’attività, svolta in piena autonomia dalla Provincia a seguito della legge 50 del 1993.

«Abbiamo 1980 km quadrati di aree protette e in questi anni», aggiunge Svaluto, «siamo riusciti a far crescere questo patrimonio fra il 15 ed il 20%, perché evidentemente siamo oculati. Fino al punto di prevedere abbattimenti selettivi valle per valle». Per Svaluto non ci sono dubbi: è il cacciatore Berlato a vincere questa partita contro il governatore Zaia, ripetendo un tentativo del passato, fortunatamente sempre andato a vuoto. Anche la Provincia riconosce, invece, l’opportunità di accentrare la vigilanza, «che non ha nulla a che vedere con la gestione».

La protesta sta montando. Negli ambienti politici più diversi, si condivide la preoccupazione che questo sia un attacco all’autonomia. Lo sostiene il gruppo del Pd in consiglio regionale. «La specificità bellunese si insabbia definitivamente nella laguna di Venezia. La maggioranza di Zaia toglie alla Provincia di Belluno le competenze nella gestione della caccia e della pesca, aprendo di fatto le porte al turismo venatorio», si protesta con una nota. «Quasi 25 anni di gestione esclusiva del settore non sono bastati per convincere i consiglieri che sostengono Zaia ad attuare una delle forme più odiose di centralismo regionale. Zaia ha deciso di sacrificare l’eccellenza bellunese per favorire il manipolo di cacciatori che costituisce l’elettorato di riferimento del consigliere Berlato».

L’allarme è che le politiche relative alla caccia e alla pesca saranno decise da Venezia, da uffici e personale che non ha alcuna competenza specifica nel settore. «La giunta regionale e il consiglio si assumono la responsabilità di cancellare un modello di gestione del settore che è stato di esempio per le garanzie che offre nel delicato equilibrio tra uomo e ambiente».

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