Safilo, sciopero e tanta preoccupazione
LONGARONE. «Siamo preoccupati, perché la situazione è ancora più difficile rispetto a qualche anno fa. E non vediamo chiarezza sul nostro futuro». Escono a gruppetti, scuri in volto, i segni della preoccupazione ben evidenti e poca voglia di parlare i lavoratori dello stabilimento longaronese di Safilo che aderiscono allo sciopero di due ore per ogni turno indetto dal sindacato per chiedere all’azienda di cambiare rotta. Uno sciopero che ha visto un’adesione del 90%.
Oltre ai 200 esuberi annunciati qualche mese fa, si aggiunge il taglio del servizio di trasporto, l’aumento della cassa integrazione e il trasferimento a Padova del magazzino resi, dove operano 43 persone. E c’è anche l’intenzione dell’azienda di non pagare il premio di produzione riferito allo scorso anno. Una situazione che sta diventando insopportabile per i lavoratori, che denunciano una condizione di stress elevatissima. «Un po’ alla volta stiamo perdendo tutto».
La cosa che pesa di più è il cambio di turno, col passaggio a giornata e il taglio del trasporto. «Siamo 40 lavoratrici che veniamo dalla provincia di Treviso», spiegano Natalia Sosa ed Eva Roman. «Chi da Godega, chi da Conegliano, chi da altri posti, ogni mattina confluiamo a Vittorio Veneto dove fino a marzo c’erano delle corriere che ci portavano alla Safilo. Ad aprile ci hanno detto che, per una settimana, avremmo dovuto venire in auto. Ma poi il servizio non è stato più ripristinato. Così, dobbiamo farci 150 chilometri ogni giorno per venire al lavoro, spendendo 200 euro a testa al mese. Cerchiamo di ammortizzare i costi mettendo a disposizione un’auto per 4-5 dipendenti. Ma la situazione non è facile», dicono le lavoratrici. «Passando da lavoro a turno a quello a giornata, cosa che siamo state obbligate a fare viste le criticità produttive, ci hanno anche tolto l’indennità di turno», dice Nadia Flotta.
«Questo cambio ha causato diversi problemi soprattutto alle single costrette a gestire figli piccoli, ma in generale anche a chi ha una famiglia. Qualcuna di noi ha dovuto chiedere aspettativa per rimanere a casa col bambino nei mesi in cui l’asilo è chiuso, perché non c’è possibilità di cambiare turno. Quando siamo state assunte, ci avevano assicurato che ci sarebbe stata la corriera, ma ora ce l’hanno tolta. E molte di noi non hanno neanche la patente. Con 813 euro al mese cosa possiamo fare?».
Le lavoratrici sottolineano anche «l’elevato stress psicologico a cui sono sottoposte: dobbiamo aumentare la produzione e ogni due settimane siamo chiamate a rapporto per vedere se è stato raggiunto l’obiettivo. Non si riesce a lavorare con serenità e spesso ci sentiamo abbandonate dal sindacato».
Le rsu Silvia Mosena e Mario Filarini precisano che questo sciopero deriva dalla chiusura dell’azienda ad alcune richieste dei sindacati. E che potrebbe non essere neanche l’ultimo.
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