Salvi sentieri e rifugi: la frana del Pelmo non ha fatto danni

Ieri mattina sopralluogo del Soccorso alpino in elicottero. Galeazzi: «Impossibile quantificare il materiale distaccato»

SAN VITO. Il materiale franato venerdì sera sul Pelmo non ha coinvolto persone, né provocato danni ai sentieri e ai rifugi. Ieri mattina quattro componenti del Soccorso Alpino hanno effettuato un nuovo sopralluogo. Sia a terra che con l'elicottero. La frana si è staccata venerdì poco dopo le 20, dallo spallone est del Pelmo ed è arrivata all'attacco del canale della Forca Rossa. «Non è possibile», spiega Maurizio Galeazzi, capo stazione del Soccorso di San Vito, «definire la quantità di materiale del distacco, che ha 10 metri di base per una ventina di altezza. Il distacco probabilmente è stato originato dall'acqua penetrata in una fessura e in seguito ghiacciata, come dimostra la presenza di una striscia di neve rimasta in quota».

«Tutto il materiale si è fermato 300 metri sopra il sentiero sottostante, spingendo alcuni massi che si trovavano sul ghiaione e che sono rotolati a valle. Sulla superficie del distacco non pare essere rimasta roccia in bilico pronta a staccarsi. Alcuni residui si notano ancora sulle cenge che probabilmente scenderanno con le prossime piogge e per questo si consiglia prudenza nella frequentazione dei luoghi, soprattutto dopo temporali. Venerdì sera ci eravamo subito recati sul Pelmo», continua Galeazzi, «e considerando il forte boato avvertito in centro a San Vito, la nube, e i rumori pensavamo che il materiale sceso fosse tantissimo. Avendo effettuato i sopralluoghi in elicottero e a piedi posso dire che non è una mole immensa. C'è tanto materiale, capiamoci, ma considerando che la dolomia quando inizia a sgretolarsi può avere dimensioni anche immense di accumulo di materiale, in questo caso non è così».

Il materiale è colato dalla cime. La roccia si è poi sgretolata sino a poco sopra il bosco. Ieri anche dal paese, ad occhio nudo, nubi permettendo, si vedeva una striscia più chiara sulla roccia del Pelmo, ai piedi della Forca Rossa. «La roccia che si è sgretolata non ha raggiunto i sentieri», sottolinea Galeazzi, «e non ha quindi provocato danni. C'è ancora una po' di materiale in cengia che è instabile che si sta sgretolando dal versante dove non ci sono sentieri, ma in caso di pioggia è meglio evitare la zona».

I soccorritori sono saliti nuovamente anche al rifugio Venezia. Venerdì dopo il crollo hanno innanzitutto controllato che tutti fossero presenti e poi hanno verificato che i sentieri che portano al rifugio, che si trova a 1.947 metri di quota, in località Campo di Rutorto, in comune di Vodo di Cadore, fossero percorribili. «Venerdì sera io non ho sentito il boato», ammette Barbara Feltrin che gestisce il Venezia, «perché erano le 20 circa ed eravamo impegnati nel servizio per la cena. Mio figlio che era fuori si è accorto di qualcosa. Ma noi rispetto al punto di innesco della frana siamo più spostati. La montagna scarica spesso. Per fortuna è andato tutto bene, nessuno si è fatto male, e i sentieri non sono stati danneggiati».

Ieri il Venezia era aperto e numerosi escursionisti son saliti al rifugio per godere del meraviglioso panorama gustando piatti tipici. C'è chi andato anche sull'altro versante del Pelmo al rifugio Città di fiume, collocato in località Malga Durona nel comune di Borca di Cadore. «Alcuni clienti chiedevano della frana», spiega Massimo Gavagnin, uno dei gestori, «ma noi siamo sul versante opposto: da qui non si è visto né sentito nulla».

Alessandra Segafreddo

 

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