Salvini ai vescovi «Io sto con gli alpini»
VITTORIO VENETO. Ci mancava solo la preghiera a fare da detonatore di una nuova polemica tra Salvini e i vescovi. Il giorno dell’Assunta, nella cappella alpina del passo San Boldo, al confine tra le province di Treviso e Belluno, il sacerdote che celebrava la messa per le penne nere di Cison non ha permesso la recita della tradizionale “preghiera dell’alpino”, perché intrisa di riferimenti alle armi, e ha proposto una versione più pacifica. L’associazione alpini (Ana) si è rifiutata di leggere il testo in chiesa e l’ha, invece, fatto all’esterno, seguendo tuttavia il brano originario. Che invoca Dio Onnipotente a «rendere forti le nostre armi». Ovviamente con tanto di proteste al seguito, come, peraltro, l’Ana sta facendo da quando le indicazioni liturgiche per i funerali, in diocesi di Vittorio Veneto, escludono in chiesa sia l’originaria “preghiera dell’alpino” che il canto "Signore delle cime", perché la liturgia deve privilegiare le espressioni rigorosamente religiose.
Apriti cielo. Matteo Salvini da Ponte di Legno non ha perso l’occasione di prendersela, ancora una volta, con i vescovi. «Pazzesco», chiosa Salvini facendosi portavoce delle penne nere: «giustamente hanno protestato». E poi conclude: «Sono sempre più sconcertato da "certi Vescovi"». E ieri, sulla stessa linea, è intervenuto anche Roberto Maroni: «Come si fa a impedire la lettura in chiesa della storica preghiera dei nostri alpini? #puraidiozia», ha scritto su Twitter il governatore lombardo.
Il “certo vescovo” in questione è quello di Vittorio Veneto, monsignor Corrado Pizziolo, lo stesso che ha firmato con monsignor Gianfranco Agostino Gardin, di Treviso, l’appello per l’accoglienza di chi fugge dalla fame e dalla guerra, considerato dalla Lega Nord un’ingerenza nella sua politica di stop alla «clandestinità mascherata di profuganza».
Resta il fatto che monsignor Pizziolo non ha vietato nulla. È stato l’Ufficio liturgico della diocesi a sconsigliare nella celebrazione della messa e in particolare nei funerali le preghiere con richiami estranei ai riti liturgici, come quelli agli armamenti, nonché i canti impropri. All’Assunta, pertanto, il sacerdote, anziché vietare la preghiera, si è limitato a proporne una limitata censura del testo, suggerendo l’invocazione «rendici forti di fronte a chi minaccia la nostra cultura cristiana». Via il cenno alle armi, dunque, e via quell’avverbio «contro», così poco evangelico.
Ma il capogruppo alpino Mario Magagnin non ha accettato. E ha preferito invitare all’esterno gli alpini per recitare la preghiera nella sua forma compiuta. D’altra parte, alcuni sacerdoti continuano a permettere quella che è ormai diventata una tradizione; è accaduto, recentemente, anche in cattedrale, a Vittorio Veneto, nella messa a conclusione del raduno della sezione Ana.
Raffaele Panno, presidente della sezione Ana di Treviso, non ricorda che in questa diocesi si siano mai interposte difficoltà né per la preghiera né per il canto: «Neppure in altre parti d’Italia», aggiunge, «certo, ogni volta lo chiediamo al sacerdote di riferimento».
Il coneglianese Nino Geronazzo, già vicepresidente nazionale dell’Ana, ha cercato l’anno scorso una mediazione con la curia vittoriese. «Ci siamo accordati per pregare e cantare all’esterno delle chiese», conferma, è vero, tuttavia, che la maggior parte dei parroci accetta di farlo all’interno. L’importante è capirci».
Capirci? Il presidente Biz concorda. «È vero che l'espressione contestata della preghiera può prestarsi a non essere in sintonia con la moderna sensibilità. Ma essa va letta e capita nel momento storico della sua formulazione quasi 80 anni fa». In ogni caso, ricorda il presidente nazionale dell’Ana, Sebastiano Favero, trevigiano, «nella stessa preghiera si dice che le nostre armi sono fede e amore. Chi vuole polemizzare per una interpretazione rigida lo faccia pure, noi non cambiamo una virgola».
La preghiera, insomma, risente degli scenari della sua origine, 80 anni fa, al pari di molti passi della Bibbia, che la Chiesa proclama, pur essendo espressi con sensibilità e culture lontani anni luce dalla nostra cultura. «Si pensi alla poligamia proposta nelle figure dei patriarchi, o nel linguaggio violento presente in non pochi Salmi o episodi legati al popolo dell'Alleanza», annotano all’Ana.
Ma gli alpini, quindi, «non cambieranno una virgola». Certo, sentire gli alpini avventurarsi nelle interpretazioni della Bibbia e dettare la linea in materia di preghiere, non è un fatto di tutti i giorni...
Biz ricorda i forti legami tra l’Ana e gli alpini e conclude con un augurio. «Veniamoci incontro, evitando inutili bracci di ferro. Riteniamo, da alpini amanti della pace (e sfidiamo chicchessia a contestarlo), che sia l'unico modo per dare continuità a rapporti di stima e di collaborazione, che tanto hanno inciso nel vissuto delle nostre comunità».
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